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Minoranze sul piede di guerra

Bricolo a Veronafiere e scoppia la polemica: «Inciucio, destra senza vergogna»

Federico Bricolo, nuovo presidente di VeronaFiere
Federico Bricolo, nuovo presidente di VeronaFiere
Federico Bricolo, nuovo presidente di VeronaFiere
Federico Bricolo, nuovo presidente di VeronaFiere

«Una forzatura, un inciucio», «destra senza vergogna», «neo corporativismo». Sono solo alcune delle accuse che la minoranza a palazzo Barbieri lancia al sindaco Sboarina dopo la nomina a Veronafiere di Federico Bricolo.

«Un inciucio» per i giovani di Traguardi, il consigliere comunale Tommaso Ferrari e la vicepresidente del gruppo Beatrice Verzè che denunciano:  «Non si è mai assistito a una maggioranza che assegna incarichi ai vertici di uno dei suoi enti strategici in chiusura di mandato, senza aspettare il responso delle urne. E il bello è che l'Amministrazione Sboarina non tenta nemmeno di mascherare questa operazione di mera spartizione delle poltrone, culminata con la nomina a presidente di Federico Bricolo, responsabile della campagna elettorale della Lega e artefice dell'accordo – tutt'altro che scontato fino a qualche settimana fa – per il sostegno al sindaco uscente Sboarina».

E proseguono: «Come al solito non si parla di piano industriale né di strategie di sviluppo, eppure, dopo la crisi causata dal Covid, il settore fieristico sta attraversando una fase di profonda trasformazione e questo processo può essere affrontato solo attraverso l'impiego delle migliori competenze, non certo in base alla logica della convenienza di partito, che non tutela gli interessi della comunità né dell'ente stesso».

I responsabili di Traguardi concludono: «Siamo inoltre sconcertati dalla decisione di nominare un Consiglio d'Amministrazione composto da soli uomini. Ci chiediamo se sia questa l'immagine inaccettabile che la Fiera di Verona vuole mostrare agli stakeholder di tutto il mondo. Oggi, nel 2022, il mancato rispetto della parità di genere è a dir poco discutibile in qualsiasi forma di organizzazione, sia sul piano della legittimità che su quello dell'opportunità, ma in quanto socio politico e con maggioranza relativa, il Comune di Verona aveva il dovere di effettuare per Veronafiere delle nomine che rispecchiassero la parità di genere, tracciando l'esempio anche per gli altri soci».

 

Sconcertati anche Giorgio Pasetto e Lorenzo Dalai di +Europa che ribadiscono: «Non c’è che dire, Federico Bricolo ha proprio le competenze adeguate per fare il Presidente di una Fiera internazionale che dovrebbe essere l’immagine di Verona nel mondo. Ormai siamo oltre la casta. Sboarina e la destra che lo sostiene hanno talmente paura di non poter lottizzare i centri di potere veronesi, da farlo adesso, 3 settimane prima del voto».  E concludono: «L’interesse di questa politica non è che Verona cresca come prestigio e produttività, ma che garantisca potere e stipendi ad amici e militanti». 

 

Anche Michele Bertucco di Verona Sinistra in Comune, che nei giorni scorsi aveva preconizzato l'approdo di Bricolo a Veronafiere, commenta: «Si tratta di un inciucio o, per i palati più fini, neo corporativismo, dal momento che qui non vengono rappresentanti gli interessi della comunità ma di singoli gruppi di potere che si spartiscono la torta tra loro in nome di un interesse generale che non c’è».

Per Bertucco l'analisi è matematica e cristallina: «È stato necessario soccorrere i bilanci in perdita della Fiera (in rosso fin da prima l’inizio della pandemia) con un aumento di capitale che ha anche aumentato da 5 a 7 i posti del consiglio di amministrazione e ha introdotto la nuova figura dell’amministratore delegato accanto a quella tradizionale di direttore generale. Tradotto: un posto per il Comune (il presidente predestinato Federico Bricolo, leghista), uno per la Fondazione Cariverona e uno per la Camera di Commercio».

E prosegue: «La città ha messo dei soldi per salvare la Fiera e il suo discutibile management, ma si continua ad ignorare il tema del rapporto con il territorio e dei quartieri in particolare, che vanno ristorati e mitigati rispetto ai disagi causati dalle attività dell’ente. Senza contare che anche queste nomine, come quelle di Serit e AmiaVr, potevano e dovevano essere lasciate alla prossima amministrazione. Ma a Verona, non solo da parte dei partiti, quello che conta è occupare le poltrone. Ben venga dunque anche il caso di un Sindaco uscente, debole e improduttivo, costretto a pagare le cambiali elettorali prima ancora di andare a elezioni. Un posticino si trova sempre».

 

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Giorgia Cozzolino

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