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centro storico

Nuovi plateatici, il rebus delle botti

Vicenza le elimina d’intesa con la soprintendenza, a Verona si attendono le nuove regole. Arena: «Nulla di male nei locali giusti»
Le botti sono ormai diffuse all’esterno dei locali, soprattutto nel centro storico (Marchiori)
Le botti sono ormai diffuse all’esterno dei locali, soprattutto nel centro storico (Marchiori)
Le botti sono ormai diffuse all’esterno dei locali, soprattutto nel centro storico (Marchiori)
Le botti sono ormai diffuse all’esterno dei locali, soprattutto nel centro storico (Marchiori)

Una botte come tavolino. Nel Veneto legato alla vitivinicoltura è quasi un classico. Richiama lo «spirito del luogo». A Vicenza però non si può più. Il vecchio e tradizionale contenitore, costruito con doghe in legno e cerchiature in ferro, non potrà più fare parte, nelle zone più vincolate dalle Belle Arti, dell’arredo esterno di osterie, bar e ristoranti.

Il capoluogo berico (e analogamente Rovigo) aprono la strada. Sulla scorta di un’intesa con la Soprintendenza i due Comuni hanno infatti escluso la bote (o bota, vesolo se piccola) dalla lista delle dotazioni esterne dei locali.

Quanto a Verona, per il momento, i giochi non sono ancora fatti, la «roulette» gira ma potrebbe fermarsi presto. Vincenzo Tiné, attualmente Soprintendente per le tre province, chiarisce: «Ciò che è stato attuato è un accordo preventivo e condiviso, su regole e dotazioni. Uno snellimento che elimina, per le amministrazioni, la necessità di richiedere, di volta in volta, un’approvazione ai nostri uffici». In sostanza: regole fisse, valide per aree urbane definite, senza bisogno di ulteriori passaggi burocratici.

Obiettivo semplificazione

L’obiettivo è, secondo il rappresentante locale del ministero della Cultura, la «semplificazione». E le botti? «Nel centro della città non ne vedo molte. Ma resta evidente come quanto non sia previsto esplicitamente dal regolamento dei plateatici vada considerato vietato». E nella lista delle dotazioni in vigore, per Verona datata ormai 2011 ed attualmente in fase di revisione come l’intera normativa sui plateatici, la bote non c’è. «Aggiunte estemporanee, ed escludo che comunque possano essere previste in una normativa», afferma Tiné.

I motivi del divieto

Cosa c’è di male, in fondo, nell’usare il tradizionale contenitore in legno come tavolino? Sarà perché, spiega Simone Vesentini, ristoratore, «in qualche città un buontempone le ha fatte rotolare (dopo avere evidentemente esagerato con il contenuto, ndr) sulla strada. Una questione di polizia urbana». Italo Sandrini, assessore al Commercio, sposta l’attenzione un passo oltre: «Il dialogo sul tema dei plateatici procede, incluso il tema degli arredi ammissibili. Si va avanti, con l’obiettivo di salvaguardare esigenze di commercianti, cittadini, residenti, persone disabili e compiti della Polizia locale. Al momento c’è un certo rallentamento legato alla situazione».

Riferimento esplicito ai dubbi legati alla Soprintendenza. Vincenzo Tinè dovrebbe, stando alle previsioni, tornare a reggere l’ufficio di Padova. Verona potrebbe essere accorpata a Venezia e Vicenza, o retta «ad interim» nel frattempo. E il dubbio non giova alla celerità nella definizione di nuove regole «semplificate».

Gli arredi

Ma la botte usata come simbolo e tavolino un po’ seduce. «Non vi vedrei nulla di male per locali che abbiano le caratteristiche giuste, legate alla tradizione del vino», commenta Paolo Arena, presidente di Confcommercio. «Dire, semplicemente “si può mettere oppure no“ apre la via anche ad altri divieti. Ormai», precisa, «è tempo di portare a compimento un regolamento condiviso in materia di plateatici, con regole intelligenti, attuabili e non ostative del lavoro. Il dialogo c’è ma resta anche chiaro come le aree esterne ai locali servano, certamente, agli operatori ma anche ad una città più ordinata, senza assembramenti. Di fatto certi obblighi normativi, con tempi stretti ed in bassa stagione, non aiutano certamente».

Proposte Insomma, la botte (vuota e di abbellimento) è solo uno dei capitoli di un libro più voluminoso, da riscrivere. «Siamo nella città del vino, per denominazioni ed etichette la prima in Italia. L’interesse dei visitatori è chiaro, il rapporto con i produttori altrettanto. Non vedrei certo un problema nell’introdurre nel futuro disegno dei plateatici, con criteri chiari e uguali per tutti, elementi che richiamino all’enologia. In fondo questa è la terra in cui viviamo...», ribadisce Simone Vesentini.

E si spinge oltre: «So come questa sia materia difficile ma, al pari di quanto avviene in altre città europee, non sarebbe interessante rendere gli spazi all’aperto dei locali luoghi anche di musica, arte ed esibizioni, in forme condivise e compatibili?». Il dialogo con il Comune comunque «va avanti», conferma il ristoratore. La bote è uno degli argomenti, per ora ancora rotolante. La posta in gioco è più alta e coinvolge Comune, Soprintendenza e categorie commerciali. Come ridisegnare dopo il Covid («Il periodo in cui le regole sono state stracciate», nelle parole di Tiné) gli spazi esterni dei locali in un città che metropoli non è ma, nei numeri, è una piccola capitale?

Paolo Mozzo

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