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La grande sete

Siccità, nelle cave i magazzini dell'acqua. Ma servono novanta milioni

Dalle Ferrazze a Sommacampagna, la lista di depositi che potranno essere la salvezza futura. Gli esperti: «Ma servono progetti lungimiranti»
L’acqua potabile Andrà preservata
L’acqua potabile Andrà preservata
L’acqua potabile Andrà preservata
L’acqua potabile Andrà preservata

Toccherà pagare. E parecchio. Per evitare di finire arrostiti dall’arsura. Un quadro apocalittico? Per gli esperti no. Avanti di questo passo e dovremo entrare nell’ordine di idee di arrivare addirittura a restrizioni sull’utilizzo dell’acqua potabile. Come anticipato dal fisico del Clima del Cnr, Antonello Pasini, in un’intervista a Repubblica. Il grande problema di oggi, infatti, non è tanto la singola stagione o il mese siccitoso, ma quello che viene definito l’effetto accumulo.

 

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Spiega Pasini: «Se partiamo da una situazione già complessa ci vuole poco per spingersi in una condizione ancor peggiore. Il problema infatti è che noi abbiamo già il deficit idrico dall’anno prima. Anche se questa del 2023 non fosse la peggiore siccità, andrebbe comunque ad accumularsi a quella del 2022, con l’abbassamento delle falde acquifere». Pasini è in ottima e affollata compagnia. Nei giorni scorsi gli esperti dei consorzi di bonifica e l’Anbi Veneto (l’unione dei consorzi), sentiti in audizione dalla commissione Agricoltura del consiglio regionale hanno detto chiaro e tondo che servono interventi «su un doppio binario».

 

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Gli interventi

Da un lato, «agire con velocità nelle situazioni di emergenza, com’è stata la straordinaria siccità del 2022», dall’altro «progettare e realizzare opere in grado di rispondere in maniera organica alle nuove sfide».

Quali opere? Per Verona l’Anbi ne ha elencate una quindicina. Per realizzarle servirebbero una novantina di milioni, euro più euro meno. Perché la siccità si può combattere. Con politiche di ampio respiro ma, banalmente, anche con interventi relativamente semplici che sfruttano quello che la natura e l’uomo hanno già messo a disposizione. Come le cave. Che potrebbero essere trasformate in giganteschi serbatoi da riempire o svuotare a seconda delle necessità. In passato, anche in quello recente, nei periodi di vacche grasse non si è saputo, o voluto, guardare a quello che poteva capitare negli anni difficili. Ora, serve un cambio di direzione deciso. Per dare letteralmente respiro alla terra e a chi ci vive sopra. Ma come?

Ecco le opere proposte per la provincia scaligera dal Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta e dal consorzio Veronese per invertire la rotta seguita finora.

 

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Recupero ex cave come serbatoi

  • Montecchia di Crosara: Recupero dell’ex cava «Bosco Lauri» per lo stoccaggio di 293 mila metri cubi di acqua. Costo: 168 mila euro.
  • Sommacampagna Recupero della cava Ganfardine (815 mila metri cubi) per l’irrigazione. Costo: 10,1 milioni.
  • Villafranca Recupero della cava Colombarotto: può contenere 455 mila metri cubi di acqua. Costo: 10,45 milioni.
  • Belfiore Recupero a Bionde per irrigazione e gestione delle piene: 488 mila metri cubi di acqua. Costo: 8,6 milioni.
  • San Martino Buon Albergo Recupero aree di Campalto per l’irrigazione e la gestione delle piene: 85.500 metri cubi di acqua. Costo: 823 mila euro. Un altro intervento all’ex cava Guainetta per irrigazione e gestione piene: di 1,027 milioni di metri cubi di acqua. Costo: 137 mila euro.
  • Verona: due opere Recupero ambientale della cava Ferrazze di stoccaggio per irrigazione e gestione piene: 689 mila metri cubi. Costo: 7,5 milioni di euro. Nella stessa cava intervento per ricavare un’ulteriore capacità di 491 mila metri cubi di acqua. Costo: 11,7 milioni.
  • Bonavigo: due opere Recupero delle aree Orti per ricavare una capacità di 72 mila metri cubi di acqua per irrigazione e gestione piene. Costo: 973 mila euro. Recupero anche dell’ex cava Zurlare, sempre a Orti, 96 mila metri cubi, per irrigazione e gestione piene. Costo: 1,2 milioni.
  • Buttapietra Recupero delle cave Trinità e Tripoli (1,5 milioni di metri cubi) per l’irrigazione. Costo: 17 milioni
  • Angiari Recupero della cava Barchessa (589 mila metri cubi) per irrigazione. Costo: 7,9 milioni.
  • Ronco all’Adige Recupero delle ex cave Rasoio-La Valle in Val dei Vedei per (capacità di 592 mila metri cubi) per irrigazione. Costo: 8 milioni di euro.

Ricarica delle falde acquifere

Due i progetti in terra scaligera per il consorzio di bonifica Veronese a favore delle falde acquifere

  • Vigasio Realizzazione di un invaso sul paleoalveo del fiume Tartaro con realizzazione di una centralina idroelettrica in località Livelloni di Vigasio, con una capacità di 240 mila metri cubi di acqua. Costo: 4,85 milioni.
  • Mozzecane Realizzazione di un invaso in destra idraulica del fiume Tione delle Valli a Mozzecane, per ricavare una capacità di 224 mila metri cubi di acqua. Costo: 2,5 milioni.

«Le sfide legate ai mutamenti climatici richiedono misure emergenziali e azioni lungimiranti: in entrambi i casi servono risorse e pianificazione», ha detto il presidente dell’Anbi, Francesco Cazzaro, guardando in faccia i componenti della commissione agricoltura della Regione. I suoi colleghi hanno sottolineato come sia necessario un piano per aumentare la capacità di trattenere la risorsa. E alla Regione hanno chiesto di fare la sua parte. Perché, avanti così, l’acqua non basterà più per tutti. Mai soldi, in questo caso, sarebbero meglio spesi.

Roberto Vacchini

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