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l'epidemia minaccia i gabbiani dell'adige

Aviaria, a rischio anche i «cocai»

Il direttore dell’istituto Zooprofilattico veneto: «Difficilmente contagia l’uomo». Ma il virus potrebbe colpire anche altre specie animali. Il veterinario: «Attenti che i cani e i gatti non entrino in contatto con volatili morti»
Una fila di gabbiani posata lungo il fiume in Lungadige Galtarossa
Una fila di gabbiani posata lungo il fiume in Lungadige Galtarossa
Una fila di gabbiani posata lungo il fiume in Lungadige Galtarossa
Una fila di gabbiani posata lungo il fiume in Lungadige Galtarossa

L’influenza aviaria che ha colpito molti gabbiani che vivono sul lago di Garda e lungo l’Adige può costituire un pericolo anche per altri animali, in particolare i mammiferi. In alcuni Paesi europei ci sono già stati casi di contagio di animali a quattro zampe. Per questo serve attenzione.

Attenzione agli animali domestici

«Chi è solito portare il proprio cane a passeggio nei pressi dell’Adige o vicino al lago stia attento a quello che l’animale fa, evitando che entri a contatto con carcasse di uccelli, e chi in quelle zone ha dei gatti faccia in modo che non frequentino zone in cui possono esserci volatili», spiega Calogero Terregino, che è veterinario e direttore del centro di referenza italiano ed europeo per l’influenza aviaria.

Il centro ha sede all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie di Legnaro, Padova. L’esperto sottolinea il fatto che si sta verificando una situazione nuova per il nostro Paese e per l’intera Europa. «Il virus in circolazione fa parte del gruppo di quello che sino a qualche settimane fa colpiva gli animali presenti negli allevamenti avicoli, si tratta di un agente ad alta patogenicità definito con la sigla H5N1, ma ha un genotipo che da noi non era mai stato isolato», spiega Terregino. Sinora sono stati scoperti centinaia di virus appartenenti allo stesso ceppo con piccole variazioni l’uno dall’altro, di cui almeno una trentina in Italia.

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Quello che è stato trovato ora nei gabbiani appartiene ad un gruppo genetico identificato come 2344B. «Si tratta di un agente patogeno che ha mostrato di poter causare un’elevata mortalità», continua il direttore del centro di riferimento. Terregino spiega, però, che da noi sinora si sono registrati decessi di gabbiani molto inferiori rispetto a quanto accade altrove.

«Ad oggi sono state recuperate in Italia le carcasse di un centinaio di gabbiani», dice. Precisando che il territorio più colpito è quello che si trova nelle province di Verona, dove c’è una concentrazione decisamente rilevante, Trento e Brescia. Pennuti morti con il virus sono stati trovati anche nel Rodigino ed in varie zone dell’Emilia Romagna.

«Attualmente stiamo esaminando i corpi di altri volatili, per verificare se avessero contratto l’influenza aviaria, ma sinora su questo non abbiamo evidenze», rivela il dottor Terregino. All’estero, ma non in Italia, il virus è stato riscontrato in orsi e le volpi ai delfini e le foche.

Può colpire anche l'uomo

L’influenza aviaria può anche colpire l’uomo. Cosa che in passato è avvenuta, soprattutto in caso di scarse condizioni igieniche e contatto diretto con i pennuti e che ha anche provocato decessi. Si parla però di casi isolati e spesso legati a situazioni patologiche pregresse. «Va detto che il virus attuale difficilmente colpisce gli esseri umani», conclude il veterinario. Il direttore invita chiunque trovi carcasse di gabbiani o altri animali ad evitare di toccarle ed a contattare immediatamente i servizi veterinari dell’Ulss, i quali stanno già svolgendo un’opera di controllo del territorio.

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Luca Fiorin

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