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San Bernardino

Anziana raggirata col trucco del «bonus»: spariti pensione e risparmi

Si fingono sindacalisti, lei ha un sospetto e verifica. Ma la ladra riesce a mettere a segno il colpo in casa
Aprire la porta è un rischio
Aprire la porta è un rischio
Aprire la porta è un rischio
Aprire la porta è un rischio

Asciuga, con pudore, una lacrima. Un gesto che appare strano sul volto di una donna forte, 93 anni, friulana ormai da decenni veronese, una «sopravvissuta all'Orcolat (l'Orcaccio, ndr)», il disastroso terremoto del 1976. Ha sempre la battuta pronta ed è più che attiva. Eppure è la vittima dell'ennesima truffa ai danni di anziani. «Forse mi hanno spruzzato qualcosa», mormora Fosca, nome di fantasia per una persona reale. Ed è quasi, la sua, una giustificazione, un cerotto d'emergenza sulla ferita nell'orgoglio e nella sicurezza di sé che brucia anche più dei 1.370 euro, risparmi e pensione da poco riscossa, portati via con l'inganno dalle mani di infami.

 

L'ultima trovata: i falsi sindacalisti

Spacciarsi per sindacalisti, millantare il presunto arrivo di un «bonus». È l'ultima trovata nell'ampio repertorio dei delinquenti, di volta in volta falsi operai dell'energia, del fisco o agenti delle forze dell'ordine. A Fosca, inquilina di un alloggio popolare nella zona di San Bernardino, arriva la telefonata di un uomo, il quale si spaccia per rappresentante di una sigla della «triplice» e le assicura la titolarità di un'agevolazione pensionistica, chiedendo minuziosamente conferma dei dati anagrafici.

 

Il sospetto

E insistendo su un particolare: se fosse o meno andata a ritirare la pensione. Fosca, a dispetto dell'età, va ancora a piedi dove deve andare: inclusa la sede sindacale, dove le viene confermato come nessun «bonus» risulti a suo favore. Qualcosa non quadra e la novantenne comunica i sospetti alla figlia, la quale la mette in guardia: «Non aprire a nessuno, queste richieste di informazioni sono un classico nelle truffe agli anziani».

Ed ha ragione. Passano poche ore. La donna rientra da una visita medica verso le 10, appoggia la borsa sulla tavola. Il campanello suona, alla porta si presenta una donna, sui sessant'anni, capelli grigi e occhiali bianchi, gonna lunga e piumino di colore scuro. Afferma di essere inviata dal sindacato, per consegnarle il modulo di richiesta del «bonus», chiedendo 50 euro come presunto «resto».

E a questo punto qualcosa s'inceppa. Fosca esegue e si dirige verso la camera da letto, dove c'è il portafogli con il contante. Viene seguita, prende la banconota per consegnarla. Poi tutto è avvolto in un «non ricordo», come spiegherà ai Carabinieri presentando la denuncia. La presunta emissaria sparisce («per una verifica»), promettendo di tornare poco dopo.

Un'ora più tardi, mentre sta pranzando, Fosca rivive l'accaduto e ha un dubbio. Va nella stanza: il portafogli è sparito, con la sua pensione e i risparmi. Non è il tipo che si arrende. «Ho passato quel terremoto, l'inferno. Che altro può mettermi a terra?», ricorda costantemente a chi la conosce. E si presenta in via Salvo D'Acquisto, per denunciare. «Forse mi hanno spruzzato qualcosa in faccia», spiega ai Carabinieri.

 

«Mi hanno spruzzato qualcosa»

Una costante nei racconti da parte delle vittime di questo genere di raggiri. Anche se è più probabile che il «vuoto» mentale che consente l'azione ai malviventi sia solo una tecnica di manipolazione mentale, purtroppo efficacissima. Il risultato è l'ennesima truffa, con il metodo più odioso, a danno di persone deboli. Sveglia, arguta e in buona salute. Fosca racconta la sua storia, poi toglie gli occhiali dalla montatura dorata e cerca il fazzoletto. Forse è una delle poche volte dal 1976. Il colpo più umiliante le è arrivato alle spalle. Da esseri con cui forse neppure un «onesto ladro» di vecchio stampo berrebbe un caffè.

Paolo Mozzo

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