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L'intervista esclusiva

Zaia: «Quest'anno è stato un incubo, la conta dei morti un dolore enorme. Sogno un Veneto senza covid»

Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia

Esattamente nel pomeriggio di un anno fa è iniziato l’incubo. «Erano da poco passate le 16, mi squillò il telefono: “Presidente, abbiamo il primo caso di Coronavirus“». Zaia si ricorda bene quella telefonata, «lì è cominciato l’inferno che ha stravolto la vita di tutti e annullato la cognizione del tempo», sospira, «non c’è stato più niente di normale, di uguale a prima. E’ stato un anno in cui ho vissuto-non-vissuto, tutto s’è fermato in una dimensione di sospensione in cui ogni giorno ho avuta chiara la percezione di convivere con la morte, la malattia, il senso di precarietà, la tragedia.

 

Dopo la telefonata, cosa ha fatto presidente?

Da subito ho capito che era necessario muoversi, reagire, “fare“ appunto qualcosa, anche se non si sapeva cosa. Stare fermi, con le mani in mano, era per me impossibile: avevo, ho, il diktat morale di provvedere al bene della gente che mi aveva scelto, motivo per cui nel pieno dell’epidemia ho deciso di ricandidarmi: ero consapevole che un cambio di amministrazione nel bel mezzo della battaglia al Covid non avrebbe avuto il know how che avevamo acquisito noi sul campo.

 

C’era insomma da finire il lavoro, il più importante di tutti.

Ed eccomi qua, ancora in prima linea: la guerra non è finita, sarà ancora lunga.

Oltre al virus, in questo anno, chi è stato il suo peggior nemico?

Da quel terribile pomeriggio ho dovuto reagire e agire, inventarmi cose, cercare soluzioni per mettere in sicurezza la mia comunità, facendo anche scelte impopolari: ripeto, anche se continuo a ricevere colpi, io vado diritto, non mi fermo fino a quando non usciremo da questa tragedia. Sogno il Veneto Covid free, ho fatto una promessa a me stesso, voglio mantenerla.

Giriamo la domanda: sono stati 12 mesi di attacchi, cosa non rifarebbe presidente?

Io non ho rimorsi nè colpe se è considerata una colpa essere virtuosi e trovare soluzioni. Dal primo giorno sono finito nel tritacarne: dopo la famosa telefonata che mi informava del primo caso a Vo’, ho subito preso tre decisioni importanti, in piena autonomia, cioè fare i tamponi a tutti i cittadini del paese, a tutti!, chiudere l’ospedale di Schiavonia e allestire le tende riscaldate fuori da tutti gli ospedali. Me ne hanno dette di tutti i colori, che facevo spettacolo, che soffrivo di delirio di onnipotenza, che esageravo. Ma avevo ragione io. Non c’è stato giorno, in questo anno, in cui io non abbia ricevuto attacchi su tutto, anche minacce. Guardi che bailamme hanno fatto adesso sui vaccini...

Esatto, presidente, però qui è intervenuta la magistratura: c’è la Procura di Perugia che indaga, ci sono i Nas, è meglio chiarire.

Esatto, sono stato io a dire al dottor Flor, il direttore generale della Sanità del Veneto, di avvisare i Nas della trattativa in corso con gli intermediari per acquistare in autonomia sieri autorizzati Ema. E’ tutto alla luce del sole, trasparente come l’acqua. Non capisco dove stia il marcio: ho messo al corrente il ministero, scritto ad Aifa per avere l’ok che poi mi ha rimandato al commissario Arcuri il quale, alla fine, ha detto “ok, fatevi dare i numeri dei lotti, verifichiamo la tracciabilità dei farmaci, se è tutto regolare avanti“. D’altronde non è un segreto di Pulcinella che i vaccini sul mercato parallelo, fuori dalla negoziazione tra le case produttrici e i singoli Stati, siano oggetto di compravendita. Come ha fatto Israele? E cosa ha fatto la Germania? Però, siccome in Italia siamo famosi per farci del male, c’è chi attacca il Veneto perchè non siamo stati sul divano ad aspettare le dosi che Pfizer non manda e siamo andati a vedere di procurarcele; il nostro attivismo a qualcuno non piace nè è mai piaciuto dal primo giorno di questa tragedia. Sembra davvero un dibattito lunare.

 

Zaia durante un collegamento a Diretta Verona
Zaia durante un collegamento a Diretta Verona

 

Cosa le ha fatto più male?

Sentire qualcuno di questi delatori sostenere che abbiamo truccato i numeri dei morti per restare in giallo. E’ di una gravità inaccettabile insinuare il dubbio che qui in Regione, a tavolino, abbiamo fatto i magheggi sulle vite della gente. Questo non lo perdono. Non si gioca sulle tragedie. Chi avrà calunniato, pagherà.

 

Pensa di riuscire a comperare quei 27 milioni di vaccini?

Non lo so, magari. Insomma, ci è stata fatta una offerta che ci permetterebbe per l’estate di vaccinare 4 milioni di veneti e raggiungere l’immunità di gregge, che significa ripartire, uscire dall’incubo, rimettersi in moto dal punto di vista sanitario, economico e sociale. Io ho il dovere, come amministratore, di verificare nella massima trasparenza la bontà dell’operazione. Se verrà fuori che è tutto farlocco, bene, meglio aver resa pubblica la trattativa in modo che altri, oltre a noi, vadano a controllare. Io ho una grande certezza, che caratterizza sempre il mio operato: “male non fare, paura non avere“. Sono stato educato alla responsabilità e sui vaccini, ripeto, dato che non arrivano, il mio dovere è cercare di portarli a casa. Con tutte le autorizzazioni di chi sta sopra di me.

Se l’operazione saltasse, cosa ci dobbiamo aspettare?

Niente di buono nel senso che se il trend di consegna dei sieri è quello attuale, ci vacciniamo tutti tra tre anni. Troppo tardi, restiamo al palo: nel frattempo tutti gli altri Paesi saranno Covid Free e noi no. Sarebbe un disastro. Mi auguro invece che nel giro di qualche mese questo stallo nelle consegne si sblocchi, aumenti la produzione e in fretta si cerchi di recuperare il tempo perduto rispetto alla profilassi di massa. Confido anche nell’arrivo sul mercato di altri vaccini, tipo il nostro italiano. Insomma, sono fiducioso. E’ successo lo stesso con le mascherine: lo scorso marzo non c’erano, le poche le pagavi a peso d’oro, poi all’improvviso nel giro di tre mesi i dispositivi sono comparsi.

 

 

Presidente, il Covid oggi compie un anno. Il suo bilancio personale, non politico, qual è?

Mi ha provato psicologicamente, sto vivendo un incubo e mi rattrista non essere capito: ogni giorno in conferenza alzo i cartelli con i numeri dei morti e di chi è in rianimazione, per me è un dolore enorme, non sono solo numeri, sono persone che hanno perso la vita e che stanno lottando per sopravvivere. Abbiamo 9.711 vittime e ancora 1.300 ricoverati. Ho dentro una sofferenza che non trova pace, non è facile. Di notte ancora non dormo. •

 

 

Camilla Ferro

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