<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Va in scena La Traviata, ultimo sogno del Maestro

Maschere e damine per la nuova produzione di TraviataL’abito di Violetta nel nuovo bozzetto di ZeffirelliLa Traviata di Zeffirelli debutterà questa sera in Arena
Maschere e damine per la nuova produzione di TraviataL’abito di Violetta nel nuovo bozzetto di ZeffirelliLa Traviata di Zeffirelli debutterà questa sera in Arena
Maschere e damine per la nuova produzione di TraviataL’abito di Violetta nel nuovo bozzetto di ZeffirelliLa Traviata di Zeffirelli debutterà questa sera in Arena
Maschere e damine per la nuova produzione di TraviataL’abito di Violetta nel nuovo bozzetto di ZeffirelliLa Traviata di Zeffirelli debutterà questa sera in Arena

Il Maestro temeva il palcoscenico dell’Arena, ma ne era profondamente attratto, forse ancora da prima che gli affidassero una nuova produzione di Carmen. Rincorrevamo Franco Zeffirelli per i capannoni della Fiera- stava preparando le grandi masse di figuranti intente alla sfilata dei toreador nel quarto atto- con la speranza di carpirgli una qualche dichiarazione, anche sommaria. Lui però continuava a fare spallucce. Sembrava non curarsi di tutti quelli che gli stavano appresso: gli interessava portare solo a termine la sua regia. In Arena erano tutti tesi per il forte ritardo con cui andava avanti la preparazione di Carmen, ma lui non desisteva e imperterrito continuava a dare suggerimenti e soprattutto ordini a gran voce. Ci teneva al colossale lavoro di Bizet: era la sua prima volta in anfiteatro e con un dramma di tale portata c’era il rischio di sconfinare in un flop. Ogni tanto però si lasciava andare a qualche esclamazione. La nostra insistenza a non «mollare la presa» fu alla fine premiata. In una breve sosta ci trascinò verso un tavolo dove stavano alcuni schizzi dell’opera. «Allora guarda», ci disse, «questa è la Carmen che ho immaginato per l’Arena: una grande Siviglia ai piedi di queste montagne, con la sua piazza, il brulicare di tanta gente, di ogni estrazione. Qui a sinistra l’ingresso per l’arena dove si svolgerà la corrida ed all’esterno qui sotto questa croce, l’omicidio della protagonista. Che te ne pare?» Accennammo ad un timido «molto bello», ma lui ribattè subito, con «un teatro che fa tanto paura, con tutto quel pubblico… chissà come la prenderanno». Tutti sappiamo però come finì: in un trionfo. Al termine della prima dell’opera era entrato come di soppiatto dalla porta centrale della platea, quasi strisciando lungo la parete di destra, in attesa del consenso del pubblico. Convinto che l’applauso c’era, e anche consistente, si incamminò verso il palcoscenico salutando le gradinate con grandi gesti. Poi nell’euforia del momento finì anche per ballare in scena, assieme alla compagnia di El Camborio e Lucia Real. Cinque anni dopo quella Carmen, durante un caffè preso a casa sua, sulle colline di Verona, ci volle fare una vera confessione, a cuore aperto: «Sai, devo dirti che nessun teatro mi ha mai amato come l’Arena». Era un caldo giugno del 2010 e sembrava quasi un mesto saluto al suo ultimo giorno da regista in Arena. Zeffirelli aveva lavorato come non mai per quell’88° Festival: ben 15 giorni senza una sola sosta. Il sovrintendente Francesco Girondini gli aveva dato da gestire un’intera stagione, con ben cinque titoli dei suoi. Il regista fiorentino era visibilmente provato, ma felice. «Tende ad essere un addio», continuava, «ma solo nel mio cervello, vista l’anagrafe. Per il mio cuore è chiaramente un arrivederci. Ho un mare di gratitudine e di parole di incoraggiamento per l’Arena e per quanto ha messo in piedi con questo festival. Non ci credevo proprio. Sono convinto che è stata una scelta saggia, quella di avere “per cliente frequente” il sottoscritto. Uno che ama profondamente il teatro musicale come lo amano tutti quelli che da sempre frequentano l’Arena. Chi non ha questa disponibilità a darsi totalmente non può pretendere di amare. Questo tributo dell’Arena mi turba e mi fa persino piangere, pensando a come è espressamente rivolto alla mia persona, ai miei tanti anni di lavoro. Sono sgomento ed imbarazzato perché non mi risulta ci siano precedenti nella nostra storia, di un intero festival improntato ad un solo artefice. Tutto questo mi esalta ed alimenta un entusiasmo creativo che non sentivo da tempo. È una città intera che mi dimostra tale encomio, con cinque opere che rappresentano i pilastri della storia del melodramma di ogni momento». Lunghissimo il trascorso di Zeffirelli con la nostra Arena, con Carmen che tornò subito in scena nel 1996 per ripetersi nel 1997, 1999, 2002, 2003, poi quasi ininterrottamente fino al 2016. Sotto la sovrintendenza di Renzo Giacchieri, Zeffirelli continuò a praticare il palcoscenico areniano con una nuova produzione de Il Trovatore (2001) e di Aida (2003). E con quella di Claudio Orazi ci fu nel 2004 una nuova versione di Madama Butterfly. Francesco Girondini gli commissionò pure una nuova produzione di Turandot, che in seguito migrò felicemente in Oman. Tuttavia il grande regista fiorentino non aveva smesso di pensare a qualche altra impresa per l’Arena. E fu il suo Don Giovanni di Mozart del 2012 a far breccia nei cuori del pubblico, mentre al Filarmonico era già in programma un inedito Pagliacci di Leoncavallo. «Ho il piacere», ci disse, «di portare in Arena, per la prima volta, questo Don Giovanni che è il culmine della mia carriera, quasi la vetta di un campanile da raggiungere». Sembrava quasi un suo addio anticipato alle scene, ma ora anche il nuovo allestimento di La Traviata contribuirà a perpetuarne il profondo ricordo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianni Villani

Suggerimenti