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LA DIFESA DEL PATRON

Truffa sui migranti, Fresco respinge le accuse: «Non posso essere tranquillo. Ma ho tutto documentato»

Luigi Fresco
Luigi Fresco
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«Dire che sono tranquillo anche no, ma credo che la Finanza abbia preso un abbaglio, certe cose loro non le possono sapere. E comunque ogni spesa, ogni bilancio sono stati verificati dalla prefettura. Questa è una vecchia storia di sei anni fa almeno, solo che all’epoca non venne fuori e invece adesso sì». Luigi Fresco, dopo essere stato raggiunto dall’ordinanza che lo vede indagato, è un fiume in piena. Il suo motto «Hasta la victoria siempre», adesso vacilla sotto i colpi degli articoli del codice penale.

 

Saranno i suoi legali, Alessandro Avanzi e Luca Bronzato, a tutelarlo. «I fatti contestati risalgono a cinque o sei anni fa», aggiunge Fresco, «noi abbiamo partecipato ai bandi indetti dalla prefettura e siamo stati accettati. Se qualcosa non funzionava l’avrebbero scoperto, o no? Ci contestano ora di aver fornito documentazione insufficiente, ma come? Non se n’è accorta la prefettura? Ci dicono che nel nostro statuto non era contemplata l’accoglienza. A parte che non immaginavo che lo statuto di un’associazione fosse così importante, ma se ne dovevano accorgere in prefettura, o no?».

 

E ancora: «Mettono in dubbio l’anzianità della nostra associazione, ma noi facevamo opere sociali già negli anni Novanta, non valgono? Contestano che nel bando era indicato che l’attività andava fatta senza interruzione per due anni, mentre noi la facevamo a spot, ma all’epoca era volontariato puro».

 

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E sulla cifra indicata dalla finanza, 12 milioni di euro: «Non sono soldi che ci hanno trovato, la cifra è la cumulativa di quanto ci sarebbe passato tra le mani, noi non abbiamo soldi, guardate che fare accoglienza adesso non dico si va in pari, ma quasi, da quando Salvini fece tagliare i contributi. Si va avanti perché si dà da lavorare alle persone, ma ormai non è redditizio, una volta sì, infatti abbiamo sistemato il campo di Borgo Venezia, tutti lavori che il Comune ha avuto gratis visto che l’impianto è suo. Noi ora abbiamo una sessantina di dipendenti e 220 profughi.

 

Hanno contestato anche il personale, dicendo che dicevamo che ne avevamo in più rispetto a quello reale, ma noi assumevamo a seconda delle persone che ci venivano assegnate. Come le case, la prefettura non sa che a volte indicavamo edifici e poi i proprietari degli stessi si tiravano indietro perché subivano minacce o pressioni da parte di residenti o persone importanti e quindi non ci davano più case. L’unica di nostra proprietà è quella di San Martino Buon Albergo che è stata data alle fiamme anni fa, lo ricordate, no? Noi soldi da parte non ne abbiamo».

 

E a proposito delle altre due persone indagate, Silverio Vesentini, 84 anni, che agli atti risulta come collaboratore ed Eleonora Zamboni 29 anni che risulta come responsabile marketing. «A parte che loro non sono più con noi, ma le cifre che la Finanza contesta sono basse, sono molti di più i soldi che hanno prelevato. Considerate che ai migranti diamo 2 euro e mezzo al giorno, moltiplicati per anni, e per persona, e all’epoca dei fatti contestati ne avevamo 500, 600, le cifre fanno presto a lievitare, ma è tutto documentato dalle banche stesse».

 

Nell’ordinanza però sta scritto: «Importanti prelevamenti di contanti effettuati tramite cambi assegni allo sportello per contanti da parte di soggetti delegati ad operare su rapporti bancari intestati ad associazioni dilettantistiche».

 

La Virtusvecomp «risultava aver violato gli obblighi di tracciabilità sotto molteplici profili, avendo fatto ricorso all’impiego dei conti correnti dedicati alla commessa pubblica per il pagamento di spese promiscue, tali da non consentire di quantificare con certezza quali risorse economiche siano state effettivamente destinate alle attività caratteristiche (calcio) piuttosto che alle attività di accoglienza». Ma con il senno di poi, farebbe ancora affari con l’accoglienza Fresco? «A pensarci adesso no, tornerei a fare quello che facevo all’inizio, soltanto a titolo di volontariato, così non si può lavorare».

Alessandra Vaccari

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