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L'INIZIATIVA

Test antidroga
nelle scuole, «no»
di alunni e genitori

Un ragazzino fuma uno spinello
Un ragazzino fuma uno spinello
Un ragazzino fuma uno spinello
Un ragazzino fuma uno spinello

Un netto no all’utilizzo di test antidroga nelle scuole. La novità, piombata nelle case dei veronesi tramite la stampa, ha messo in allerta la deputata del Pd Alessia Rotta che ha inoltrato un’interrogazione al ministero dell’Istruzione per fare chiarezza sulla legittimità del provvedimento. «Per come sono stati presentati, i test non garantiscono l’anonimato né l’adesione su base volontaria», commenta Rotta, preoccupata, insieme alla consigliera comunale Elisa La Paglia, che l’unico vero effetto di una simile campagna sia di «allontanare dalla scuola gli adolescenti che hanno davvero problemi con le sostanze, e deresponsabilizzare i genitori». 

 

Michele Bertucco, consigliere comunale di Verona e Sinistra in Comune, etichetta il provvedimento come una «fonte di propaganda elettorale a buon mercato». Tra genitori e studenti regnano i punti interrogativi e, in generale, si reclama un complessivo programma di prevenzione. Dice Valeria Zanetti, rappresentante in una quarta del Messedaglia e madre al Fracastoro: «La comunicazione è partita male, con dei toni da crociata. Vorremmo comprendere se esiste un progetto più ampio o se il test sia fine a se stesso, con l’impegno di una cifra che potrebbe essere utilizzata per programmi di politica giovanile e centri di aggregazione».

 

Gabriella Giunta, rappresentante d’istituto nello stesso liceo scientifico, e anche rappresentante di classe al Maffei, reclama più chiarezza sulle modalità del test e sulla tutela della privacy, ritenendo indispensabile una fase «post» test, a sostegno delle famiglie con ragazzi in difficoltà. C’è chi, genitore di maggiorenni, è determinato a rimandare ai figli la decisione. Più convinti dell’utilizzo del drug test sono alcuni genitori delle medie, anche se in molti temono la mera raccolta statistica. Scettici i giovani della Rete studenti medi, che temono l’aumento di un «clima di repressione e iniquità» a scuola e a casa. 

C.B.

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