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LA DENUNCIA DEI POLIZIOTTI

«Terrorismo?
Le nostre armi
sono inadeguate»

Bruxelles il giorno dopo: controlli della polizia e dell’esercito all’ingresso delle stazioni della metropolitanaControlli della polizia all’ingresso del terminal dell’aeroporto Catullo DIENNEFOTO
Bruxelles il giorno dopo: controlli della polizia e dell’esercito all’ingresso delle stazioni della metropolitanaControlli della polizia all’ingresso del terminal dell’aeroporto Catullo DIENNEFOTO
Bruxelles il giorno dopo: controlli della polizia e dell’esercito all’ingresso delle stazioni della metropolitanaControlli della polizia all’ingresso del terminal dell’aeroporto Catullo DIENNEFOTO
Bruxelles il giorno dopo: controlli della polizia e dell’esercito all’ingresso delle stazioni della metropolitanaControlli della polizia all’ingresso del terminal dell’aeroporto Catullo DIENNEFOTO

Crimini nuovi, si fa per dire, ma i mezzi alle forze di polizia sono sempre pochi e pure datati. L’allarme terrorismo torna ciclicamente. Prima era stato New York e ci aveva segnato per sempre. Ma poi anche Londra, Madrid, Parigi, Istanbul, adesso Bruxelles. Ogni volta proclami, riunioni, ma la paura resta. Anche quella di non avere mezzi adeguati per combattere il terrorismo.

«Che non abbiamo mezzi non è una novità. Sono almeno 15 anni che lo ribadiamo», dice Silvano Filippi, segretario regionale del Siulp, uno dei sindacati di polizia. «In Italia non sono mai stati riscontrati i problemi che hanno in Francia piuttosto che in Belgio. Spero di non essere smentito a breve, ma per ora l’Italia non ha questo problema. Ma è necessario fare un ragionamento: qualcuno vuole cavalcare il malcontento della prima e della seconda generazione di stranieri che abitano e vivono in Europa e trovano terreno fertile in quei luoghi di incontro non ufficiali, moschee nascoste. A dire il vero la nostra Intelligence ha subito scoperto situazioni simili, mi riferisco anche al reclutatore di jihadisti nel veneziano. Non possiamo nasconderci che esistono cittadini di seconda generazione insoddisfatti, che magari non essendosi integrati, non avendo trovato un lavoro covano odio verso la nostra società non accettando un ruolo in subordine», aggiunge Filippi, «il Belgio e la Francia hanno avuto problemi che per esempio non ha avuto la Germania che ha 4 milioni di turchi. In Germania non saranno forse integrati, i turchi, ma sono parte integrante. Io che in Germania ho vissuto e lavorato so che invece sono i russi un problema». Filippi ricorda il problema dei giovani bulli in alcune zone della città. Nel loro piccolo quelle zone rischiavano di diventare dei ghetti ed è esattamente quello che dobbiamo impedire. La pressione mediatica, un assiduo controllo delle forze dell’ordine ha smorzato il fenomeno.

«Se si formano ghetti, là vige una legge non scritta. Lo so bene, ho lavorato a Palermo e mi ricordo ancora come si lavorava nel quartiere Zen. Neanche entrava la polizia».

Ma quanto è pronta la polizia all’allerta terrorismo? E come si può pensare di battere un Kalashnikov con un’automatica? Soltanto nei film vedi ricaricare una pistola in un secondo.

Dopo i fatti di Parigi si sono creati in ogni questura gruppi di poliziotti volontari che sono stati addestrati per questo specifico allarme, gli Uopi, unità operative di pronto intervento. Ma, si chiedono alcuni poliziotti (al di là dei sindacati), basta un corso di un mese a Spinaceto, senza poi poter mettere in pratica una volta rientrati in sede sia attività fisiche che di esercitazioni con armi (loro hanno in dotazione una mitraglietta leggera)a mettere un poliziotto in grado di difenderci e di difendersi in caso di attacco?

Tra l’altro la loro «regola di ingaggio», spiegano alcuni agenti, è quella di cristallizzare la situazione, non quella di intervenire, in attesa che arrivino i corpi speciali. I Nocs in questo caso. Che arrivano da Roma. Il Gis, forse che comunque parte da Bolzano. Mettiamo il caso, auspicando che non accada mai che un kamikaze si faccia saltare in occasione di un grande evento i nostri poliziotti dell’unità speciale dovrebbero «cristallizzare» la scena in attesa degli specialisti.

Inoltre i nostri poliziotti fanno corsi di aggiornamento-addestramento. Circa una ventina di ore l’anno. Il primo on line, pressochè ridicoli dove una voce guida ti spiega che cos’è un sito sensibile, come si difende e il poliziotto procede pigiando un tasto della tastiera. I secondi prevedono la frequentazione del poligono, dove possono sparare. «Ma da fermi. Notoriamente infatti i criminali stanno immobili in attesa di essere centrati» concludono sconsolati alcuni agenti.

Alessandra Vaccari

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