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LA RAPINA DEL SECOLO

Tele di Castelvecchio
Poroshenko
ora risulta indagato

Poroshenko ammira i capolavori
Poroshenko ammira i capolavori
Poroshenko ammira i capolavori
Poroshenko ammira i capolavori

 

La denuncia presentata dall’avvocato Guariente Guarienti per l’appropriazione indebita di quei quadri sottratti, armi in pugno, al museo di Castelvecchio la sera del 19 novembre 2015 si è tradotta con l’apertura di un fascicolo d’indagine. Un atto dovuto così come l’iscrizione nel registro degli indagati di colui che si ritiene responsabile dell’illecito, e in questo caso si tratta di un capo di Stato. Di Petro Oleksijovyc Poroshenko. Non solo, il console generale ucraino sarebbe stato convocato in Procura a Verona e dovrebbe presentarsi nei prossimi giorni. Tutto questo mentre le 17 opere sono ancora tenute «in ostaggio» a Kiev.

Sembra la trama di un romanzo, nel quale entrano ladri internazionali e trafficanti di opere d’arte, un furto su commissione che si è trasformato in rapina, un’organizzazione che è stata smantellata in tempi brevissimi perchè l’indagine coordinata dal pm Gennaro Ottaviano è stata veloce e soprattutto efficace.

Investigatori italiani e moldavi sotto l’egida di Eurojust, l’organismo internazionale che ha la funzione di agevolare l’esecuzione degli strumenti di cooperazione giudiziaria che ha fatto da trait d’union tra le autorità moldave e quelle ucraine.

 

Il 5 dicembre il gup Luciano Gorra pronuncerà la sentenza a carico dei sei imputati, a vario titolo, per il colpo del secolo che si trovano in Italia mentre per quel che riguarda la restituzione delle tele, esposte per due settimane a Kiev per dare lustro al ritrovamento, tra promesse, proposte, consegna di onorificenze e passi ufficiali i tempi si allungano. Anche sul ritrovamento dei quadri qualcosa da ridire ci sarebbe: il 5 maggio il pm Ottaviano era tra la Moldova e l’Ucraina, dove si stavano concentrando le ricerche. Un pool di investigatori era partito per fare il punto delle indagini arrivate ormai ad una svolta. Ma i quadri erano in Ucraina, la polizia di quello stato aveva ricevuto tutte le indicazioni ma il magistrato e gli investigatori tornarono senza novità. Fu lo stesso presidente Poroshenko, una settimana dopo, a dare l’annuncio al mondo che le tele erano state ritrovate, lungo il fiume Dnepr, vicino al confine con la Moldova. Dissotterrate mentre il pool italiano era a pochi chilometri. Ma nessuno li avvisò.

La trama di un romanzo nel quale entrano rogatorie internazionali disattese, come quella del 17 maggio indirizzata al capo della Procura generale di Kiev con richiesta di custodia, sequestro e restituzione delle tele, in vista del volo di Stato del 23 maggio per riportare i quadri a Verona due giorni dopo, il 25. Rogatoria inevasa e anzi i quadri di Castelvecchio vennero esposti a Kiev fino al 30 giugno. Da quel giorno lo scambio di corrispondenza tra il pm e gli omologhi ucraini è pressochè quotidiano. Una settimana fa la denuncia nei confronti del capo di Stato che trattiene i «corpi di reato». E l’apertura di un fascicolo è un atto dovuto.

Fabiana Marcolini

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