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«Sospensioni congelate ai sanitari No Vax? Zaia faccia dietrofront»

Dose La preparazione di una dose di vaccino anti-Covid da somministrare a un paziente
Dose La preparazione di una dose di vaccino anti-Covid da somministrare a un paziente
Dose La preparazione di una dose di vaccino anti-Covid da somministrare a un paziente
Dose La preparazione di una dose di vaccino anti-Covid da somministrare a un paziente

Ci sono un obbligo di legge, provvedimenti da prendere in caso di inottemperanza, la variante della carenza di personale e la notizia, poi smentita, di ricorsi al Tar accolti a Bologna contro le sospensioni. La vicenda dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari si fa complessa. Mentre quasi la totalità ha risposto completando la vaccinazione, resta uno zoccolo di renitenti che in tutte le Regioni si tenta di smantellare. Per chi non si vaccina è previsto, per legge, lo spostamento su altre mansioni non pericolose per gli utenti del servizio sanitario o la sospensione fino a fine emergenza. Ma le dichiarazioni della Regione Veneto in merito a eventuali «congelamenti» delle sospensioni a causa della carenza di personale, ha fatto insorgere le categorie professionali sanitarie che, in blocco, si muovono ora su Venezia chiedendo alla Regione «una immediata inversione di rotta, senza cedimenti a ricatti o pressioni di una piccola minoranza di soggetti, e l’applicazione della sospensione dal servizio in presenza o lo spostamento dal contatto diretto con soggetti fragili». Come prevede la legge. Gli ordini professionali di medici, chirurghi e odontoiatri di Verona, Belluno, Rovigo, Treviso, Venezia e Vicenza (assente Padova), di infermieri e infermieri pediatrici, farmacisti, biologi, veterinari, psicologi, ostetriche, chimici e fisici, sanitari tecnici e di radiologia medica, professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione hanno sottoscritto una nota unanime nella quale ribadiscono il loro pieno appoggio all’obbligo vaccinale per tutti i sanitari, secondo la legge della scorsa primavera di recente richiamata dal Presidente del Consiglio. Nella nota gli ordini esprimono «preoccupazione e dissenso in merito alle dichiarazioni della Regione Veneto sul congelamento, per motivi organizzativi, delle sospensioni dei sanitari che non hanno adempiuto a quanto previsto dalla norma». Quest’ultima, ribadiscono, doveva portare ai primi provvedimenti sospensivi già da metà maggio. «Il tempo intercorso doveva essere dedicato a programmare la riorganizzazione del sistema, visto anche il periodo estivo». I tempi, infatti, si sono dilatati anche a Verona. L’Ulss9 solo il 20 giugno ha inviato una lettera formale ai sanitari che allora non risultavano vaccinati: erano trascorsi sei mesi dall’inizio della campagna vaccinale iniziata proprio con la priorità data agli oltre ventimila operatori sanitari. Invece a giugno erano partite oltre 4.382 raccomandate a medici, infermieri, operatori sanitari in ospedali e nelle strutture private, in case di riposo e dipendenti di cooperative. Si chiedeva una risposta entro cinque giorni dalla ricezione. Ma dopo un mese 2.030 lavoratori non avevano ancora risposto. Alcune centinaia avevano spiegato di non potersi vaccinare per questioni di salute, altre che si erano prenotate. A chi mancava l’appello è stato dato un ultimatum per provvedere alla vaccinazione entro il 24 luglio. Fino a quella data gli operatori non vaccinati hanno continuato a lavorare. E al 20 luglio, secondo i dati diffusi ieri dalla Regione e tuttora oggetto di accertamento da parte dell’Ulss 9, risultavano 3.643 non vaccinati. Tra questi ci sono 685 medici (sui 7.000 totali compresi i 1.200 odontoiatri), 859 infermieri, 69 ostetriche, 49 operatori sanitari e 9 assistenti sanitari, e poi 121 farmacisti, 57 veterinari, 21 chimici e fisici, 55 biologi, 367 tra tecnici sanitari, igienisti, podologi, logopedisti, educatori... I 3.643 sono residenti a Verona. Il dato veneto è di 18.766 operatori. Verona ha il secondo dato più alto, dopo Padova (4.088) e prima di Treviso (3.507). Dei “renitenti”, però, 1.051 a Verona e 5.566 in Veneto, sono persone inserite dai datori di lavoro come operatori sanitari, ma che potrebbero invece non far parte delle categorie obbligate. Gli ordini, nel ringraziare l’assoluta maggioranza dei colleghi che si sono vaccinati rispettando la legge e anche «il mandato di tutela del paziente a loro affidato», chiedono che siano subito comunicati i nominativi degli iscritti che hanno rifiutato la vaccinazione essendo «privi dei requisiti per esercitare la professione in situazioni che possano essere causa di contagio. I cittadini», conclude la nota, «hanno il diritto di esser messi a conoscenza se nelle strutture o negli studi professionali cui si rivolgono possono correre il rischio di esser contagiati e di ammalarsi. È nostra funzione la verifica del possesso dei requisiti all’esercizio della professione degli iscritti, a tutela dei cittadini e della salute pubblica». •.

Maria Vittoria Adami

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