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Volontari alla ricerca di nuovi spazi

Soccorso alpino,
senza più base
Mezzi sotto ai teloni

Gli spazi di Boscomantico non sono più disponibili
Intervento del Soccorso alpino veronese per un recupero su una parete della Valdadige
Intervento del Soccorso alpino veronese per un recupero su una parete della Valdadige
Intervento del Soccorso alpino veronese per un recupero su una parete della Valdadige
Intervento del Soccorso alpino veronese per un recupero su una parete della Valdadige

Stando alla legge è un «servizio di pubblica utilità». Sempre in base alla normativa è anche «struttura operativa del Servizio nazionale di Protezione civile». Il Soccorso alpino e speleologico del Cai (Cnsas) di Verona, da qualche giorno, è però «homeless»: senzatetto, all'addiaccio con alcuni mezzi sistemati alla meglio e coperti da teloni. Operatività, comunque, sempre garantita: una manciata di minuti dall’allarme da parte del «118 Verona Emergenza» o diramato dall’applicazione «GeoResq» tramite le centrali del Norditalia.

 

L’Aeroclub di Boscomantico deve rientrare in possesso, per necessità proprie, dell’hangar concesso al Soccorso alpino per il ricovero di tutti i mezzi d’intervento. Per ora restano a disposizione della stazione Cnsas-Cai di Verona i due locali (sala radio e magazzino) necessari per l’operatività e uno spazio di ricovero temporaneo nella porzione Nord dello scalo, piuttosto distante. «All’Aeroclub va un grazie sentito per la collaborazione di questi anni. E giusto che sia così. Ma non lo è che un servizio come quello che noi garantiamo, per passione e missione, resti senza certezze. Ne va dell’efficacia, della tempestività e del successo dei nostri interventi», dice Marco Vignola, vice delegato regionale per l’XI Zona Prealpi Venete, in cui ricade la stazione scaligera: 26 volontari, dei quali due «tecnici di elisoccorso», una media di missioni che sfiora l’ottantina (dati 2018) e che quest’anno si avvia a replicare la tendenza.

 

«Siamo noi, questa volta, a trovarci in emergenza, anche se sembra paradossale. Scriveremo a chiunque, parlamentari, amministratori, imprenditori... Facciamo ciò che facciamo per scelta, sacrificando lavoro e famiglia. Non credo sia dignitoso essere costretti a lottare con una condizione logistica insostenibile e con una richiesta di operatività che, per diversi motivi, è sempre più coinvolgente. Non siamo soliti lamentarci ma una base, fruibile e vicina al luogo di imbarco sugli elicotteri (quello del «118» soprattutto, ma il Cnsas opera, secondo le disponibilità, anche con Aeronautica Militare, Carabinieri, Esercito e Vigili del fuoco, ndr) è la condizione minima per garantire, come sempre, un servizio efficace alla collettività».

 

Vicenda «antica» quella della base promessa. Sembrava cosa fatta nel 2018, grazie alla Provincia con l’amministrazione Pastorello. Il luogo individuato erano gli hangar dell’ex base militare di Boscomantico, nella porzione Nord dello scalo aereo. Protezione civile e Soccorso alpino avrebbero avuto le proprie postazioni, comode anche per gli interventi con elicotteri. Un progetto finito nel nulla, come i 100mila euro destinati dalla Regione per la base del Cnsas veronese: soldi ora tornati all’Erario veneziano. «Dobbiamo recuperarli, sulla base di un vero progetto che stavolta vada a buon fine», promette Vignola, il quale della base per la squadra scaligera ha fatto «una battaglia personale per il mio mandato come vice delegato regionale».

 

Serve una decisione amministrativa che coinvolgerà alla pari, probabilmente, Comune e Provincia. Edi Maria Neri, assessore al Patrimonio e Demanio: «Ho contattato l’assessore alla Protezione civile, Daniele Polato e abbiamo convenuto che, se necessario, come amministrazione comunale cercheremo di aiutare il Soccorso alpino scaligero a risolvere il problema della sede». «Non è una situazione da sottovalutare», aggiunge, «dal momento che i volontari svolgono un servizio di pubblica utilità». L’amministrazione comunale di Rivoli Veronese ha messo a disposizione uno spazio che ora, spiega Vignola, serve come «base avanzata per gli interventi sul Baldo». Ma una base operativa veronese è ciò che, ormai, serve con urgenza. «Abbiamo obblighi precisi, in regime di convenzione con la Sanità regionale, nei confronti di chi si trovi in difficoltà in luoghi impervi. E l’attuale situazione logistica, cui dobbiamo fare fronte quando siamo chiamati per un intervento, mi preoccupa non poco», sottolinea Roberto Morandi, capo della stazione scaligera del Cnsas-Cai.

 

«È assurdo che tecnici, dediti a un servizio pubblico, siano costretti a cambiarsi in un piazzale, avendo i mezzi di soccorso ricoverati sotto tettoie improvvisate e lontani dai materiali di primo intervento». Una situazione tanto più incresciosa alla luce dei dati: Verona, nelle statistiche regionali, risulta la seconda stazione veneta per numero di missioni, sorpassata solamente da Cortina, realtà ben diversa, già in ambito dolomitico. Anni di «promesse» finora cadute nel nulla e sfociate in una situazione «ormai al limite». «Non ci tireremo mai indietro, perché questa è la nostra missione e passione», dice Marco Vignola. «Ma non è giusto né dignitoso che non ci sia garantita la condizione minima per potere operare senza ulteriori preoccupazioni che non siano quelle di portare a buon fine i soccorsi». «Chiederemo a tutti, romperemo le scatole, ignorando i colori politici...», promette. Qualcuno ascolterà la richiesta di soccorso del Soccorso alpino? 

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Paolo Mozzo

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