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Chiesa fondata ai tempi di Cangrande

Santa Maria della Scala, i frati vanno via dopo 700 anni

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La chiesa di Santa Maria della Scala (foto Marchiori)
La chiesa di Santa Maria della Scala (foto Marchiori)
La chiesa di Santa Maria della Scala (foto Marchiori)
La chiesa di Santa Maria della Scala (foto Marchiori)

I frati della congregazione dei Servi di Maria dicono addio, dopo 700 anni, alla chiesa di Santa Maria della Scala, nel cuore del centro storico a due passi da via Mazzini. Il complesso del monastero è stato venduto, spiegano dal convento, ma senza sbilanciarsi, e il Consiglio della provincia lombardo-veneta dei Serviti ha approvato la cessazione delle attività pastorali dell'istituto.

I tre frati che qui vivono sono stati destinati ad altre comunità e chiuderanno la loro a fine mese. «Lasciamo con dispiacere, ma affidandoci alla provvidenza», afferma fra' Robert Maria Ssemakalu, il superiore del convento.

La notizia si è diffusa da poco ed è stata accolta con rammarico e commozione da parte dei fedeli, come testimoniano i messaggi di ringraziamento lasciati sul registro accanto a uno degli altari laterali, lo stesso sul quale vengono scritte, solitamente, le richieste di preghiera. D'altra parte tantissimi veronesi sono affezionati a questa chiesa, che è un punto di riferimento per il culto mariano in città. Da sette secoli i frati Servi di Maria la custodiscono e animano la vita spirituale della rettoria, che sorse per un voto di Cangrande: il 6 settembre del 1324 nella solenne cornice dei Palazzi Scaligeri il signore di Verona, spinto dalla propria devozione alla Madonna – e forse anche dall'opportunità squisitamente politica di ricucire lo strappo con papa Giovanni XXII, che nel 1318 gli aveva comminato la scomunica e nell'aprile del 1323 aveva autorizzato il suo legato a revocargliela –, concesse ai frati «dono inrevocabili» un appezzamento di terreno con casa e orti nelle centralissime contrade di San Quirico e Sant'Andrea, affinché vi costruissero una chiesa (poi consacrata nel 1329) e un oratorio dove insediarsi come comunità. Lo stesso specificativo, della Scala, indica il particolare rapporto con la famiglia scaligera, che fra l'altro aveva dei possedimenti proprio accanto al complesso monastico.

È tutto scritto in un volume di pregevole fattura, «Santa Maria della Scala. La grande “fabrica” dei Servi di Maria in Verona», curato dallo storico dell'architettura Arturo Sandrini e pubblicato nel 2007 in occasione del restauro dell'edificio, che fu finanziato dalla Fondazione Cariverona. In questi giorni i frati ne mettono a disposizione alcune copie, a fronte di un'offerta, «come ricordo della nostra bella chiesa».

I religiosi se ne vanno, ma la volontà della Diocesi è che la chiesa non chiuda e per questo motivo, spiega il vicario generale, monsignor Roberto Campostrini, è stato avviato un dialogo con il provinciale dei Serviti, fra' Giuseppe Maria Corradi. «La speranza è di poter raggiungere un accordo che ci consenta di tenere aperta la chiesa e offrire il servizio liturgico», dice Campostrini. «Possibilmente senza periodi di interruzione, perché una chiesa chiusa, anche se per poco tempo, è difficile da riaprire. Non credo che con le nostre forze saremo in grado di garantire tutte le messe che vengono celebrate ora, ma almeno una certa regolarità e la presenza per le confessioni, quello sì. Per ora, comunque, i contorni non sono ancora definiti».

Santa Maria della Scala è stata la chiesa della élite cittadina del Trecento ed è uno scrigno d'arte che contiene, fra gli altri tesori, gli affreschi di Giovanni Badile nella cappella Guantieri, che sono uno degli episodi figurativi più rilevanti della pittura tardogotica a Verona, sopravvissuti ai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. È evidente che l'intera struttura del convento, enormemente grande, sia costosa da mantenere; ma sarebbe un peccato che l'edificio di culto, ricco di storia e tanto amato dai veronesi, finisse nell'abbandono.

Laura Perina

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