<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Oncologia pediatrica

Sanità, tra risparmi
e tagli infuria
lo scontro per l’acqua

Francesco CobelloAcqua in bottiglia ai ricoverati: per alcuni c’è solo quella del rubinettoDue piccoli ricoverati in oncoematologia pediatrica a Borgo Roma, fiore all’occhiello dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona
Francesco CobelloAcqua in bottiglia ai ricoverati: per alcuni c’è solo quella del rubinettoDue piccoli ricoverati in oncoematologia pediatrica a Borgo Roma, fiore all’occhiello dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona
Francesco CobelloAcqua in bottiglia ai ricoverati: per alcuni c’è solo quella del rubinettoDue piccoli ricoverati in oncoematologia pediatrica a Borgo Roma, fiore all’occhiello dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona
Francesco CobelloAcqua in bottiglia ai ricoverati: per alcuni c’è solo quella del rubinettoDue piccoli ricoverati in oncoematologia pediatrica a Borgo Roma, fiore all’occhiello dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona

«Come no, dare da bere agli assetati avevano detto tanto tempo fa, noi il comandamento lo rispettiamo», cita le Opere di Misericordia il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Verona. E si stupisce che possa essere il contrario: «L’acqua ai nostri pazienti la diamo sempre, ci mancherebbe. Se poi è poca, se ne serve di più, basta dirlo. Ricevo ogni mercoledì pomeriggio, la mia porta è aperta a tutti».

Francesco Cobello, che è uno pratico e si appella al buon senso, si lascia scappare che «comunque, in caso finisse la quantità giornaliera, non ci sarebbe niente di male a bere quella del rubinetto, lo fanno in tante altre città, a Verona è buonissima, non vedo dove stia il problema».

A sollevarlo, più come «fastidio» ed «imbarazzante contrattempo» che come urgenza, sono stati alcuni ricoverati di Borgo Trento e Borgo Roma che hanno male digerito la «spiacevole situazione»: a richiesta, terminata la bottiglietta consegnata ai pasti, si sono visti negare il mezzo litro in più. Non è una catastrofe, ammettono, «ma quando si è qui a combattere battaglie importanti, disturba dover andare alle macchinette a comperarsi l’acqua perché è finita quella del pranzo e della cena. O chiedere ai familiari di portarla da casa». Magari uno, spiegano, ci si lava i denti tre volte al giorno perché «non si fida» di quella del sindaco, ad esempio. Oppure semplicemente ha tanta sete e ne consuma più di quella garantita dal «kit ristoro». Poi, si torna sempre lì, a metterla giù come questione di principio: «Paghiamo le tasse, tante e salate, e in ospedale abbiamo il bere centellinato. Poveri noi. Poveri bambini».

Eccoli, quando di mezzo ci sono i piccoli malati, il buon senso non serve più a giustificare nulla. Di fronte alla tragedia dei pazienti pediatrici oncologici diventa inaccettabile tutto quello che è «la regola». Le creature che lottano per mesi contro il cancro a Borgo Roma, non devono avere il problema dell’acqua. Può essere, spiegavano alcuni genitori, che ne serva di più anche solo per rinfrescargli la fronte, per lavarli quando non riescono ad andare in bagno, può accadere che un giorno ne usino più di un altro per svariati motivi «perché qua noi ci stiamo mesi, tanti mesi, siamo in guerra per salvare la vita dei nostri figli e siamo induriti, pieni di rabbia, ci dà fastidio tutto, anche chiedere un bicchiere in più». E poi sorridono: «Quella del rubinetto? E’ uno scherzo, vero? Viviamo in sterilità, quasi quasi usiamo la fisiologica per lavare i pigiamini, figuriamoci se possiamo solo pensare di dar da bere alle nostre creature quella del rubinetto».

Cobello torna ai numeri. «Ripeto, nell’azienda che dirigo non è un problema, in nessun reparto, tanto meno in pediatria: sul vassoio dei pasti principali dei piccoli c’è sempre il mezzo litro di naturale, in più ci sono le bevande calde a colazione, a merenda e alla sera prima di dormire. In totale la fornitura complessiva di liquidi è di 1.750 ml al giorno». Se poi non basta, insiste il direttore generale, c’è sempre quella del rubinetto «sottoposta a controlli continui quindi sana tanto quella confezionata, forse di più». All’ospedale dell’Angelo di Mestre, spiega, «si beve solo da rete idrica», lo stesso nell’Asl 10 a San Donà di Piave, Portogruaro e Jesolo, fuori dal Veneto succede a Potenza, Cremona e Frosinone, ma anche in diverse altre strutture sparse in tutta Italia; a Imola la spending review ha imposto il «taglio» da 1 litro a mezzo al giorno.

Cobello non si sente in colpa. E risponde al maldipancia di chi ha sollevato la questione «che nessuno è venuto in direzione a sottopormi il problema. Nemmeno dai primari mi è arrivata alcuna segnalazione: dove ce n’è stato bisogno, su indicazione dei direttori dei dipartimenti, abbiamo provveduto ad aumentare la fornitura. Basta chiedere e provvediamo. Ci mancherebbe...».

Camilla Ferro

Suggerimenti