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IL CASO

«Ruby, quattro volte dai pm senza mai parlare di denaro»

L'attenzione della Procura era per i soldi ricevuti dalla giovane. L'avvocato Egidio Verzini ha opposto il segreto : «Non nascondo che ci sono stati contrasti»
L'avvocato Egidio Verzini, nel 2011 legale di «Ruby»
L'avvocato Egidio Verzini, nel 2011 legale di «Ruby»
L'avvocato Egidio Verzini, nel 2011 legale di «Ruby»
L'avvocato Egidio Verzini, nel 2011 legale di «Ruby»

L'indagine «Ruby ter» si è chiusa tre settimane fa e in giugno, per l'ennesima volta in due mesi, l'ex legale di Karima El Mahroug, l'avvocato veronese Egidio Verzini, era stato convocato a Milano.«Sono stato sentito quattro volte dai magistrati titolari dell'indagine», esordisce il professionista, «e mi ricordo benissimo di quello che non ho detto perchè a ogni domanda ho sempre opposto il segreto professionale. L'unica cosa che ho confermato è stata di aver rilasciato, nel luglio 2014, un'intervista a L'Espresso, all'indomani dell'assoluzione di Berlusconi. Ma da qui ad attribuire a me verbali con rivelazioni sul rapporto avvocato-cliente credo ci sia un abisso». Anche perchè lui stesso definisce quegli interrogatori come «subiti».Un interesse, quello recente dei magistrati di Milano (il pool è composto dal procuratore aggiunto Pietro Forno e dai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio), che si riferisce a circostanze di qualche anno fa, quando nell'estate del 2011 Karima El Mahroug, la rubacuori di Arcore, era assistita dall'avvocato Verzini (il processo a Berlusconi era iniziato nell'aprile di quell'anno). Il rapporto professionale non durò molto, all'epoca la giovane Ruby era parte offesa nella vicenda che vedeva l'ex premier imputato di concussione e prostituzione minorile ma poi, come spiegò il legale: «Non essendo state condivise dalla cliente le impostazioni e le modalità difensive proposte è venuto meno il rapporto di fiducia con conseguente interruzione del mandato».L'intenzione sarebbe stata la costituzione di parte civile nei confronti di Fede (il processo all'ex premier era già iniziato e quindi non vi sarebbe stato modo di entrare a farne parte) ma intervennero «interferenze esterne» che indussero Ruby a cambiare linea e il legale rinunciò al mandato.«Sono esattamente le cose che dissi a L'Espresso e lo feci dopo l'assoluzione di Berlusconi in Appello», spiega sedendosi al tavolo in cristallo del suo studio di Illasi. «Ma non ho parlato di bonifici, nè all'epoca nè nel corso dei quattro incontri recenti con i magistrati, un paio avvenuti in caserma e un paio negli uffici di palazzo di Giustizia a Milano. Sarebbe in netto contrasto con la mia etica professionale alla quale non sono di certo venuto meno. Mi limitai a sottolineare che un avvocato non può diventare "complice" (e questo nell'ipotesi di essere a conoscenza di un accordo illegittimo per versare cifre a sei zeri a un testimone, ndr)».Inviti fatti per telefono a fronte dei quali l'avvocato Verzini ha sempre dimostrato la più ampia disponibilità: «Non le nascondo che nell'ultimo colloquio (avvenuto in giugno) ci siamo trovati, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli, in forte contrasto. Rispetto il lavoro della magistratura e ogni volta ho ribadito che avrebbero dovuto fare quello che dovevano ma che non potevano chiedermi circostanze che avrebbero comportato una violazione deontologica. Che non si è mai verificata. E nemmeno nell'intervista dell'anno scorso si parla di bonifici».Ora nel terzo filone l'interesse della procura è concentrato sui regali fatti da Berlusconi alla giovane marocchina e alle altre avvenenti ospiti affinchè non rivelassero quello che avveniva a Villa San Martino. E stando a quel che è emerso l'ex premier avrebbe versato in totale 10 milioni di euro a partire dal 2011 perchè le ragazze, nel corso del processo a suo carico e in quello a Fede, Mora e Minetti, «trasformassero» il bunga bunga in cene formali ed eleganti. Oltre all'ex politico l'accusa di corruzione in atti giudiziari è stata contestata Ruby, al cantante Michele Apicella, al pianista Danilo Mariani e all'avvocato Luca Giuliante, ritenuto il «custode» del denaro ricevuto da Karima El Mahroug. L'indagine ora è chiusa, il resto emergerà a processo. oF.M.COPYRIGHT

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