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I residenti del palazzo esploso

«Voleva farci saltare in aria E lo ha fatto»

Alcuni degli inquilini dello stabile esploso (Marchiori)
Alcuni degli inquilini dello stabile esploso (Marchiori)
Incendio a Veronetta (Marchiori)

Alle 8.02 è scoppiato il finimondo in via San Giovanni in Valle. Uno degli inquilini del civico 11 mostra l’orologio che segna l’ora precisa dell’esplosione: ha il vetro crepato e le lancette bloccate nel fermo-immagine di quella che poteva essere una strage con una decina di vittime.

 

«Siamo tutti vivi per miracolo, siamo sopravvissuti ma pieni di rabbia perché si poteva evitare, perché questa è la tragedia di un uomo malato da sempre, minaccioso, violento, aggressivo, abbandonato a sé stesso. E l’ha dimostrato, di essere pericoloso, ferendo diverse persone, anche una bambina presa a sberle. Potevamo morire tutti stamattina, voleva farci saltare in aria. L’aveva detto e l’ha fatto».

 

La gente che vive lì, in una delle vie più belle di Veronetta, ripete come fosse un copione che «era malato, era in cura al Centro di Igiene mentale di Borgo Trento, aveva anche un amministratore di sostegno, eppure nessuno, né delle istituzioni a cui ci siamo rivolti né delle forze dell’ordine che sono dovute più volte venire qui, ha fatto qualcosa per evitare questo inferno. Vivevamo nel terrore, ma nessuno ci ha ascoltato. E adesso, eccoci qua».

 

Il gesto - sembra volontario - del veronese di 51 anni, parrebbe nato dal fatto che era destinatario di uno sfratto esecutivo ricevuto nei giorni scorsi da Agec (Azienda Gestione Edifici Comunali) proprietaria dell’immobile. Lui, da lì, non se ne voleva andare e, raccontano i vicini, con ancora il «foglio di via» tra le mani, ha chiamato al telefono il suo avvocato urlando che «non l’avrebbero mai buttato fuori». Aveva già pensato come: mettendo in atto il suo folle piano di farlo esplodere (se verrà confermata l’ipotesi di dolo al vaglio degli inquirenti che già hanno escluso il malfunzionamento dell’impianto a gas dell’appartamento).

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Camilla Ferro

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