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Fu uccisa dall'ex fidanzato otto anni fa

Omicidio di Lucia Bellucci, parla il padre: «Nessun risarcimento, come se la sua vita non avesse valore»

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Lucia Bellucci
Lucia Bellucci
Lucia Bellucci
Lucia Bellucci

Il 4 ottobre Lucia Bellucci avrebbe compiuto 40 anni. Otto anni fa, il 10 agosto, l’avvocato Vittorio Ciccolini, il suo ex fidanzato la uccise. La loro storia era finita, lui chiese un appuntamento alla sua ex che nel frattempo da Pergola dove viveva in provincia di Pesaro Urbino era andata a lavorare in una Spa in Trentino, lei era estetista. Con la scusa di quell’incontro, poi l’ammazzò.

«Negli anni scorsi, assieme a nostri familiari ed agli amici di Lucia organizzavamo una passeggiata in paese. Era il nostro modo di ricordarla. La pandemia ha fatto interrompere questa tradizione e quest'anno non ci siamo sentiti di riprenderla», dice Giuseppe Bellucci, il padre di Lucia. «Non passa giorno che mia moglie ed io assieme ai fratelli di Lucia, che aveva un gemello, non ci chiediamo come sarebbe stata la sua vita. Vita è una parola grande. Noi abbiamo sempre dato un grande valore a questa parola, ma ci siamo resi conto che invece la vita di nostra figlia non ha avuto un valore per il suo omicida e non ha avuto un valore quantificato dopo che le era stata tolta», riflette papà Giuseppe, «non abbiamo ricevuto alcun risarcimento per la morte di Lucia. Negli anni del processo abbiamo fatto fare accertamenti patrimoniali sul suo assassino ed è risultato che l'avvocato Ciccolini fosse nullatenente. Lui ha tolto la vita a nostra figlia, lui è in carcere, ma non abbiamo avuto nessun indennizzo, avremmo dovuto intentare una causa civile, non ce la siamo sentiti eravamo psicologicamente molto provati. Magari quel danaro poteva servire ad aiutare i fratelli».

Il tempo passa, più per gli altri che per i familiari. «Nel tempo, il dolore è rimasto soltanto nostro. Come è normale che sia», aggiunge il dottor Giuseppe, che era medico, ora è in pensione, «mia moglie un anno o due fa, scrisse una lettera a quell'essere. Non so esattamente cosa gli abbia scritto anche perché non ho voluto leggerla, non ho approvato questa sua decisione. Ma lei aveva sentito la necessità di chiedergli il perché di questo suo gesto. Lui ha risposto. Mi risulta, ma non ho voluto leggere la lettera, che abbia chiesto scusa ma capite bene che sono scuse indotte. Da parte sua non c'è stato alcun gesto spontaneo. Lui sottolineava spesso che «è stato agito» lasciando intendere un vizio mentale, parole senza senso. Durante il processo noi abbiamo temuto che gli venisse riconosciuta la parziale infermità di mente, così non è stato. Io ero un medico condotto forse tra i pochi che ancora avevano la condotta sono andato in pensione lo scorso anno. Andare in pensione non è stato di grande giovamento la professione mi aiutava a non pensare. Immaginavo che la mia vecchiaia fosse diversa, la perdita di un figlio non è un dolore descrivibile, ci convivi non lo superi», conclude.

Alessandra Vaccari

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