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Migliaia di veronesi senza medico

Un medico di famiglia, il dottor Giulio Rigon, visita una paziente in ambulatorio FOTO MARCHIORI
Un medico di famiglia, il dottor Giulio Rigon, visita una paziente in ambulatorio FOTO MARCHIORI
Un medico di famiglia, il dottor Giulio Rigon, visita una paziente in ambulatorio FOTO MARCHIORI
Un medico di famiglia, il dottor Giulio Rigon, visita una paziente in ambulatorio FOTO MARCHIORI

La coperta della sanità territoriale ci coprirà ancora per un paio d’anni, fino al 2020. Poi comincerà ad accorciarsi. Nel 2021 i veronesi senza il medico di famiglia saranno 16.800. A distanza di tre anni lieviteranno a 156mila. E nel 2027 diventeranno 240mila. Il calcolo l’ha fatto la sezione veronese del principale sindacato di categoria, la Fimmg, incrociando i dati sui pensionamenti forniti dall’Enpam (l’ente di previdenza dei medici) con quelli dei neodiplomati alla Scuola di formazione specifica in medicina generale che saranno in graduatoria per la convenzione da qui a dieci anni. Numeri freschissimi, aggiornati dopo le inchieste del nostro giornale sulla carenza dei camici bianchi come effetto dei pensionamenti e del blocco del turnover. Ma anche – come denunciato da più parti – di una programmazione degli accessi alla formazione post-laurea, cioè alla specializzazione, inadeguata rispetto ai bisogni dei cittadini. Il «de profundis» della medicina generale torna alla ribalta dopo l’allarme della Federazione italiana dei pediatri che durante il congresso sindacale nazionale, concluso l’altro ieri a Verona, ha denunciato la grave sofferenza cui sta andando incontro la pediatria di famiglia, con 300 pensionamenti previsti in un decennio. Non andrà meglio alla popolazione con più di 14 anni, che fra pochi anni avrà difficoltà a trovare un medico di base a cui rivolgersi. Questo perché sono troppi i dottori che lasciano rispetto a quelli che debuttano. La Scuola di formazione in medicina generale, l’unico percorso che dà il diritto di esercitare la professione di medico di famiglia, in Veneto diploma al massimo 50 giovani l’anno. Però gli specializzati «de facto» sono ancora meno, se si considera la parte di iscritti che non termina il triennio e opta per altre specialità. Del resto, è una carriera in salita fin dalla formazione: la borsa di studio in medicina generale, erogata dalle Regioni, vale la metà rispetto a quella delle scuole di specializzazione organizzate dalle università. Ma vediamo qualche dato più preciso sul fabbisogno futuro di dottori stimato dalla Fimmg. Oggi a Verona il 64 per cento dei medici di base (378 su 590) ha più di 60 anni. Calcolando l’età di pensionamento a 68 anni, entro cinque anni si sarà ritirata la metà dei medici di medicina generale del territorio e fra dieci anni sarà il 75,6 per cento. La riserva è destinata a esaurirsi nel 2021: se quest’anno, a fronte di 72 pensionamenti, sono 108 i nuovi medici di famiglia disponibili, già nel 2020 per 35 collocamenti a riposo ci saranno appena 36 new entry. Fra tre anni il ricambio generazionale si incepperà del tutto e lo scarto sarà di meno 14 dottori. Aumenterà progressivamente fino ad arrivare a quota meno 200 nel 2027. Lo scenario? Visite lampo, studi di provincia fantasma e una popolazione sempre più anziana che rischia di non ricevere cure adeguate. «A Verona sono 790mila circa le persone assistite dai 590 medici di base, cioè 1.338 per ogni medico» commenta Guglielmo Frapporti, segretario provinciale della Fimmg. Rapporto già ora superiore a quello ottimale di un medico ogni 1.200 assistiti, a sua volta superiore a quello previsto a livello nazionale di un medico ogni 1.000 abitanti». Se la tendenza non verrà modificata «a Verona nel 2023 ci sarà un medico di famiglia ogni 1.602 persone, e nel 2027 uno ogni 2.025». Il carico di lavoro diventerà insostenibile. «Sarà anche difficile far venire medici da altre regioni, perché in tutta Italia ci sarà carenza» sottolinea Frapporti. «E allora per curare i veronesi non resterà che far venire medici extracomunitari o dai Paesi dell’est». •

Laura Perina

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