<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Mancano 300 medici, scoppia il caso

Con la delibera regionale saranno assunti 500 neolaureati  per sopperire alla carenza di medici
Con la delibera regionale saranno assunti 500 neolaureati per sopperire alla carenza di medici
Con la delibera regionale saranno assunti 500 neolaureati  per sopperire alla carenza di medici
Con la delibera regionale saranno assunti 500 neolaureati per sopperire alla carenza di medici

Medici sugli scudi dopo la decisione della Regione Veneto di assumere giovani neolaureati per sopperire, almeno in parte, alla pesante carenza di camici bianchi negli ospedali, frutto anche di una carente programmazione nello stabilire le quote d’accesso alle Scuole di specialità medica, che si è tradotta in un mancato turnover con i medici andati in pensione. Oggi questo gap ha assunto contorni pesanti: in Veneto mancano 1.300 medici, di cui circa 300 a Verona. E a questi «buchi» si aggiunge quello dei medici di famiglia, più o meno una settantina, visto che all’ultimo appello, vale a dire l’iscrizione all’elenco dell’Ulss 9 dello scorso marzo, a fronte di 110 posti disponibili solo 38 medici hanno accettato gli incarichi. Per questo la Regione Veneto ha cercato una soluzione d’urgenza con una delibera che prevede l’assunzione di 500 medici non specializzati per far fronte alle carenze d’organico, da formare con corsi di 92 ore per un rapido inserimento in ambiti di assistenza sanitaria, in prevalenza nei posti di pronto soccorso, in Medicina e in Geriatria. Ma la decisione ha sollevato un vespaio, con reazioni negative da parte degli Ordini provinciali dei Medici e degli Odontoiatri e dei sindacati di categoria, nonchè dai presidi di Medicina delle università di Verona e Padova. «L’assunzione di 500 medici neolaureati, abilitati ma non specializzati, rischia di svuotare ulteriormente gli ospedali pubblici veneti e veronesi, già strozzati dalla carenza di camici bianchi. Questo perché i medici strutturati, schiacciati da carichi di lavoro sempre in aumento, trovandosi ad assolvere anche la funzione di tutor senza nulla in cambio potrebbero darsi alla fuga verso l’estero o verso il privato. Il risultato che temiano è l’abbassamento del livello di assistenza», spiega il dottor Carlo Rugiu, presidente dell’Ordine dei Medici chirurghi e Odontoiatri di Verona. «Mi stupisce che una decisione così cruciale per il nostro Sistema sanitario regionale e per la salute dei cittadini sia stata presa senza confrontarsi con gli Ordini dei Medici, che sono un organo sussidiario dello Stato, né con le Università di Padova e Verona a cui spetta la formazione dei giovani e la specializzazione dei neolaureati». Pur essendo ben preparati, specifica il presidente Rugiu, i camici bianchi freschi di abilitazione «non vanno mandati allo sbaraglio in settori sensibili come i Pronto soccorso, la Geriatria e la Medicina di famiglia, tanto meno con contratti di lavoro da precari. Premesso che un corso teorico e pratico di 92 ore non ha nulla a che vedere con le Scuole di specialità, che durano da quattro a sei anni, né con la Scuola di formazione in Medicina generale, di tre anni, le quali prevedono ben poche lezioni frontali e molta pratica in laboratorio e in corsia, se questa manovra dovesse essere messa a regime, c’è il rischio che ogni regione formi in maniera diversa i propri specialisti. Ciò non farebbe altro che aumentare ancora il divario in termini di qualità dei servizi ed efficienza». Come l'Ordine dei Medici di Verona ha ribadito più volte nel corso degli anni, «non è di medici che si sente la mancanza, ma di specialisti. Va colmato il gap tra il numero dei laureati e i contratti di specializzazione, attuando una programmazione rapida che renda più attrattivi gli ospedali pubblici, un tempo il punto di arrivo nella carriera di un giovane medico». •

Elena Cardinali

Suggerimenti