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Lo strazio dei riconoscimenti all’obitorio dell’ospedale

Alcuni parenti dei ragazzi fuori dall’obitorio dell’ospedale Mater Salutis di Legnago
Alcuni parenti dei ragazzi fuori dall’obitorio dell’ospedale Mater Salutis di Legnago
Alcuni parenti dei ragazzi fuori dall’obitorio dell’ospedale Mater Salutis di Legnago
Alcuni parenti dei ragazzi fuori dall’obitorio dell’ospedale Mater Salutis di Legnago

Gli occhi rossi e gonfi di lacrime e la voce strozzata dal pianto. Non è comprensibilmente riuscito a pronunciare una parola, all’uscita dall’obitorio dell’ospedale di Legnago, lo zio di Luca Verdolin, uno tre giovani di Ronco morti ieri pomeriggio in un incidente stradale a Pilastro di Bonavigo. Per i genitori del giovane, suo zio, nonché per i nonni delle altre due vittime, ovvero le sorelle Francesca e Chiara Mercurio, lo strazio è proseguito nel tardo pomeriggio alle celle mortuarie del «Mater salutis», appositamente riaperte dopo le 17 per accogliere le tre salme rimosse dal luogo dell’incidente. In un polo ospedaliero praticamente deserto, come lo è del resto tutti i sabati pomeriggio e alla vigilia delle festività, per i parenti delle tre vittime sono continuati i rituali connessi gli accertamenti dopo il primo riconoscimento fatto sul luogo dell’incidente. Accompagnati dai militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia dei carabinieri di Legnago, i genitori e lo zio di Verdolin, con i nonni delle due sorelle Mercurio, dapprima hanno sostato nei locali dove sono custodite le salme, quindi hanno fatto la spola tra l’obitorio, che si trova a fianco del pronto soccorso, e gli uffici dell’ospedale per compilare gli incartamenti ed adempiere alle procedure burocratiche previste in questi casi. Dopo un’ora, sempre accompagnati dai militari, i congiunti dei tre giovani sono ritornati per una seconda volta nelle camere mortuarie. Usciti dall’obitorio, i parenti si sono poi fermati all’esterno per ricevere ulteriori istruzioni dai carabinieri, dopo di che una parte del gruppo si è trasferita in altri uffici della struttura, per il completamento delle pratiche. Lo zio di Verdolin non li ha seguiti: è rimasto sotto il piccolo porticato di accesso alle celle mortuarie, appoggiato ad una colonna, in lacrime e con lo sguardo perso nel vuoto, pensando a quelle tre giovani vite perdute per sempre. Tutto ciò in un’atmosfera surreale, mentre in una serata umida e fredda, ma senza la caratteristica nebbia di questo periodo, le campane della città cominciavano a suonare a festa per la vigilia dell’Immacolata e, quasi in contemporanea, nelle vie del centro venivano accese dal Comune le luminarie per dare il via ufficiale agli eventi natalizi. •

Fabio Tomelleri

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