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LE REAZIONI

Le categorie: «Costretti a chiudere in assenza di prove di contagio»

Renato Della Bella, Confimi
Renato Della Bella, Confimi
Renato Della Bella, Confimi
Renato Della Bella, Confimi

Mentre gli esercenti dei locali pubblici protestano contro il Dpcm di domenica, arrivano anche le reazioni di diverse associazioni di categoria.

 

CONFARTIGIANATO TRASPORTI. «Decine di migliaia di nostri mezzi garantiscono, ogni giorno, la distribuzione delle merci negli oltre 8mila Comuni della Penisola. L’84% delle derrate alimentari, dei capi di abbigliamento e dei più svariati prodotti di consumo viaggiano, nel nostro Paese, su gomma. Per continuare a garantire questo servizio è necessario che vengano mantenuti i servizi di base per i nostri autisti. La chiusura dei bar, ristoranti e ogni tipo di luogo di ristoro alle ore 18 rischia infatti di trasformarli in tanti “accattoni” delle provinciali». È la denuncia del presidente di Confartigianato Trasporti del Veneto, Michele Varotto. «Le strutture nelle autostrade (mantenute aperte), prosegue, non sono infatti sufficienti a garantire degli standard dignitosi ai lavoratori del comparto che molto spesso si trovano alla mattina molto presto oppure a fine giornata nella rete comunale, provinciale o statale, luoghi in cui è già in vigore l’ultimo decreto Conte». Infine, Varotto conclude: «Se i nostri luoghi di ristoro chiudono alle 18, alla stessa ora per protesta, anche gli automezzi potrebbero smettere di circolare e rientrare a casa non portando a termine le loro consegne».

 

CONFIMI INDUSTRIA. «Sono molto preoccupato per l’impatto che la chiusura alle 18 di bar, ristoranti, palestre, teatri e cinema potrà avere non solo sugli esercizi per i quali è previsto un non quantificato ristoro, ma sulle intere filiere di fornitura, che il presidente Conte non ha menzionato. Sono migliaia le imprese del comparto agroalimentare, che servono principalmente il mondo della ristorazione, e dei servizi alle imprese dei vari settori merceologici che rischiano di ripiombare a “ordini zero” dopo che avevano appena ricominciato a respirare dopo mesi complicatissimi», avverte Renato Della Bella, presidente di Confimi Industria Veneto e Verona. È inaccettabile, prosegue, «che le attività che hanno condiviso con gli enti preposti rigidissimi protocolli sanitari, con cospicui investimenti per dotarsi di strumenti e personale in grado di applicarli e farli rispettare, adesso, in assenza di prove di contagio, siano costrette a chiudere o a vedersi ridurre il lavoro senza alcuna colpa».

 

GROSSISTI HORECA. «Dietro la ristorazione italiana c’è una filiera di quasi 4mila aziende e 58mila dipendenti che con il Decreto in vigore da lunedì accuserà ulteriori perdite per circa 1 miliardo di euro. Complessivamente, in questo annus horribilis il sistema distributivo nel canale horeca sarà privato di oltre 8 miliardi di euro, pari a circa il 50% del proprio fatturato. Dietro alle saracinesche chiuse di bar e ristoranti ci siamo anche noi, e il Governo non potrà non tenerne conto nei piani di ristoro che sta redigendo. Chiediamo aiuti concreti e immediati». È quanto sostiene Maurizio Danese, presidente di GH – Grossisti Horeca, l’associazione che rappresenta le principali aziende italiane del food nel canale del «fuori casa» (ristoranti, hotel, bar, ecc.), oltre alle mense collettive e catering.

 

TERRANOSTRA COLDIRETTI. «Queste nuove disposizioni», aggiunge Stefano Chiavegato, presidente provinciale di Terranostra, «penalizzano le strutture che trovano una sostenibilità economica soprattutto con i pasti serali e provocheranno danni al settore agrituristico veronese che in questa fase potrebbero superare i 2 milioni di euro. Le limitazioni alle attività di impresa devono dunque prevedere un adeguato sostegno economico lungo tutta la filiera».

Valeria Zanetti

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