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In una nota discoteca veronese

«La violentava
e io, per paura,
non ho fatto nulla»

Il racconto di un giovane. L’episodio è accaduto in una nota discoteca di Verona
Una vittima di violenza. Il fenomeno non accenna a diminuire
Una vittima di violenza. Il fenomeno non accenna a diminuire
Una vittima di violenza. Il fenomeno non accenna a diminuire
Una vittima di violenza. Il fenomeno non accenna a diminuire

«La stanza era buia. Ho visto quell’uomo entrare con una sigaretta accesa, avvicinarsi a Stefania (nome di fantasia, ndr) e costringerla a subire atti sessuali. Io ero in fondo al materasso. Lei continuava a dimenarsi e a dire di no. Tutto sarà durato una ventina di minuti. Io non sono intervenuto. Non sapevo cosa fare. Avevo paura». È stato questo il crudo racconto di un ragazzo veronese, che ieri è stato sentito come testimone nel corso del processo contro N.M., di 47 anni, l’ex guardiano di una nota discoteca veronese, accusato di violenza sessuale nei confronti di una studentessa di 23 anni.

 

Un processo sui generis, dove la vittima, sentita sempre ieri mattina dal tribunale, ha solo vaghi ricordi di quanto avvenuto la notte del 19 ottobre 2016, all’interno di uno stanzino al primo piano della discoteca. Ricordi offuscati soprattutto dai cocktail, che scorrono a fiumi durante le feste universitarie e che hanno tolto lucidità alla ventitreenne. Ieri la ragazza ha raccontato di aver visto entrare un uomo adulto nella stanza, che avrebbe preteso un rapporto sessuale, mentre l’amico con cui si era appartata poco prima era fermo e zitto vicino a lei. Quanto accaduto dopo, Stefania non lo ricorda più. La sorella e le amiche che l’hanno vista nelle ore successive, e che ieri hanno testimoniato in aula, ricordano però bene i lividi al collo della ragazza e sulle labbra.

 

È stata proprio la sorella a farsi carico della situazione, dopo aver capito cos’era accaduto: «Mi sono rivolta a un consultorio e lì mi hanno suggerito di andare in questura con Stefania per sporgere denuncia». Un processo sui generis perché l’accusa verte, più che sulle parole della vittima, come accade normalmente, su quelle del giovane con cui lei si era appartata poco prima della presunta violenza. Un giovane che Stefania aveva conosciuto quella sera e che inizialmente era finito a sua volta nel mirino del pubblico ministero Elvira Vitulli, titolare dell’inchiesta, salvo poi essere scagionato. E anche ieri la procura e il giudice Sandro Sperandio, presidente del collegio, hanno ripetutamente posto domande al ragazzo per cercare di capire come mai, di fronte a una tale violenza, lui non abbia avuto l’istinto di reagire per salvare la ragazza. «Non sapevo cosa fare», ha detto lui semplicemente. «Avevo paura».

 

L’udienza (rinviata al 12 aprile) si è conclusa con la testimonianza di un’altra ragazza che frequentava la discoteca e che ha raccontato di aver subito a sua volta le attenzioni morbose dell’allora guardiano del locale (difeso dall’avvocato Massimo Dal Ben). «Perché non ho denunciato?», ha svelato. «Temevo di non avere le prove per dimostrarlo. Era la mia parola contro la sua». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Manuela Trevisani

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