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«La soluzione per i rifiuti? Serve il termovalorizzatore»

Daniele Finocchiaro, presidente di AgsmL’impianto di Ca’ del Bue nelle Basse di San Michele Extra
Daniele Finocchiaro, presidente di AgsmL’impianto di Ca’ del Bue nelle Basse di San Michele Extra
Daniele Finocchiaro, presidente di AgsmL’impianto di Ca’ del Bue nelle Basse di San Michele Extra
Daniele Finocchiaro, presidente di AgsmL’impianto di Ca’ del Bue nelle Basse di San Michele Extra

Il mondo della scienza e le nuove tecnologie dei materiali stanno trovando soluzioni per garantirci un futuro più pulito, ma sul territorio si devono fare i conti con gli impianti che non ci sono. Per chiudere il ciclo dei rifiuti, andare verso una sostenibilità ambientale e non ritrovarsi sempre in emergenza, «non esiste altro che i termovalorizzatori». Lo ha affermato davanti a una platea di studenti universitari Daniele Finocchiaro, presidente di Agsm, già manager della Glaxo, presidente del cda dell’università di Trento, presidente del gruppo tecnico ricerca e innovazione di Confindustria, relatore a Univerò. Finocchiaro non è sceso nei dettagli dei programmi di Agsm, anche perché si attende in questi giorni la relazione dell’advisor Roland Berger sulle possibili scelte per le aggregazioni future, però la strada è segnata e conferma quanto anticipato da L’Arena: si prepara una riattivazione dell’impianto di Ca’ del Bue. Il che non significa riaccendere i vecchi forni, tecnologia già vecchia o comunque inadeguata quando vennero collocati, ma utilizzare nuove soluzioni per arrivare alla creazione di energia grazie alla combustione del prodotto dei rifiuti lavorati. Del resto, ha aggiunto Finocchiaro, «se l’obiettivo è un’economia circolare, il Veneto in questo momento è ancora troppo dipendente dalle discariche, ma non si può più andare avanti così sia per i problemi ambientali che creano, sia perché è stata decretata la loro fine entro il 2030». Torna dunque in pista l’impianto di Ca’ del Bue, costato 240 miliardi, non ha mai funzionato a dovere per i forni non adeguati e per la modifica nel tempo della tipologia dei rifiuti. Una sua riattivazione scatenerà probabilmente nuove polemiche politiche. «Ma voi», ha detto rivolgendosi agli studenti, «ascoltate la scienza, cosa dicono gli esperti e non le polemiche della politica». E la scienza dice che i termovalorizzatori in Italia (Brescia), in Europa (Germania, Danimarca) e nel mondo non inquinano e funzionano se è vero che la sindaca di Roma Virginia Raggi, assediata dai rifiuti, ha chiesto aiuto nelle scorse settimane a Danimarca e Svezia che hanno impianti all’avanguardia. Del resto proprio la Regione Veneto ha stabilito, e i bacini territoriali di Verona hanno recepito queste linee guida, che deve essere creata sul territorio veneto, al fine di renderlo autosufficiente, una rete di impianti termovalorizzatori. Basta discariche quindi e attualmente i rifiuti di Verona finiscono nella discarica di Torretta (Legnago), che ha ridotto i conferimenti della città, e in quella di Sant’Urbano a Padova, però con autorizzazione limitata nel tempo. E proprio alla Regione, Agsm ha presentato un progetto di revamping di Ca’ del Bue con nuove caldaie. Una prospettiva che ha già fatto scendere in campo i consiglieri comunali del Partito democratico. «Per chiudere il ciclo dei rifiuti tocca all’amministrazione dimostrare di avere un progetto credibile. Prima di chiedere la condivisione degli impianti con gli altri due bacini provinciali dei rifiuti, scatenando le pur comprensibili proteste dei Comuni virtuosi che hanno scelto e praticato con successo la differenziata spinta, è necessario che l’amministrazione comunale del capoluogo dimostri di avere finalmente una strategia credibile ed affidabile. Da questo punto di vista», dicono i consiglieri Pd Elisa La Paglia, Federico Benini, Stefano Vallani, «è da valutare se le convenga tuffarsi in un nuovo lunghissimo e costoso progetto di inceneritore, o se invece non le convenga di più lavorare per dotarsi dell’uso degli impianti indispensabili a chiudere il ciclo attraverso un’oculata politica di alleanze». In merito al futuro di Ca’ del Bue, «probabilmente non sarà mai l’impianto per cui era stato progettato tanti anni fa ed è assai dubbio che la Verona del 2050 abbia bisogno di un impianto simile. E’ invece auspicabile che Cà del Bue acquisisca una importanza centrale nel trattamento di funzioni alternative o complementari all'incenerimento come la produzione di biometano o la lavorazione dei fanghi. Attendiamo un segnale, è ormai passato già troppo tempo». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Maurizio Battista

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