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La comunità insieme il 25 aprile «La nostra terra preda dell’odio»

Nishantha J. Sampath PereraUdawalawe Gnanananda Thero
Nishantha J. Sampath PereraUdawalawe Gnanananda Thero
Nishantha J. Sampath PereraUdawalawe Gnanananda Thero
Nishantha J. Sampath PereraUdawalawe Gnanananda Thero

Una comunità ferita. Il 25 aprile, la data che per gli italiani celebra la Liberazione dal nazifascismo, i nuovi cittadini veronesi venuti dallo Sri Lanka si ritroveranno alle 17, nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Veronetta, per commemorare e riflettere sulle stragi che hanno insanguinato «quella patria cui siamo e restiamo comunque legati». Il riferimento agli attentati nel Paese che, poeticamente, è chiamato «lacrima dell’India», entra anche nelle celebrazioni pasquali in molte chiese veronesi. L’abate di San Zeno, monsignor Giovanni Ballarini, ricorda «una Chiesa colpita e sotto attacco in tante parti del mondo». «Come se, nel giorno in cui i cristiani celebrano la vita che trionfa sulla morte, quest’ultima abbia scelto di colpire, di farsi ancora avanti». Intorno all’Abbazia gravitano molti «nuovi veronesi» originari dello Sri Lanka. «Colpiscono la loro grande fede, unita a un fortissimo senso di appartenenza e di comunità», osserva l’abate. «Mio cugino è vivo solo perché ha scelto di andare a messa il sabato e non la domenica mattina», racconta Ramaani Perera, badante, da 20 anni in Italia. «Dopo la fine della guerra civile ci sentivamo tranquilli», aggiunge la donna, tra le tante che frequentano la comunità legata all’abbazia di San Zeno. «Ogni due anni torno nel mio Paese ma nessuno, neppure i miei fratelli, mi ha mai fatto intuire qualcosa di preoccupante... Sembrava che, mai come in questo momento, le cose stessero finalmente andando per il verso giusto». «Qui sto certamente bene ma», conclude, «prima o poi tornerò in patria, per restarvi». «Serve risvegliarsi e stare uniti», commenta Nishanta Janaka Sampath Perera, parroco della comunità cattolica srilankese di Verona. Non punta il dito né lancia accuse, dopo i contatti con la Chiesa del suo Paese, «perché non serve seguire l’onda delle emozioni ma comprendere come questo sia il momento di agire positivamente, di attendere e capire, nel nostro Sri Lanka come nel mondo intero». La comunità cingalese di Verona era pronta a celebrare il Capodanno della tradizione buddista. «Un appuntamento che coinvolge anche i cattolici, al di là della fede. Un momento di festa, di gioco e di musica che ci unisce da sempre», spiega Sanuri Pathiraja. Tutto cancellato, sull’onda degli attentati che hanno colpito anche tante famiglie residenti a Verona. «Evidentemente è in atto da parte di frange estremiste islamiche il tentativo di eliminare le altre presenze religiose nel nostro Paese. E il dolore non cambia se a essere colpita, questa volta, è la comunità cattolica», commenta il monaco Udawalawe Gnanananda Thero, referente dei buddisti srilankesi in terra scaligera. «Nel nostro Paese d’origine oggi si percepisce un clima di odio crescente», osserva, «che si coglie con evidenza anche attraverso i “social media“». La comunità buddista sta organizzando un’iniziativa di raccolta fondi per aiutare le famiglie colpite. Ma, temprata dalle esperienze negative di alcune passate campagne pubbliche in occasione delle «emergenze tsunami», attende, per potere indirizzare al meglio gli aiuti. Evitando possibili «deviazioni». «Per noi buddisti e per i cristiani non esiste che si possa togliere la vita per affermare la propria fede», conclude. Cancellata ogni festa, la comunità cingalese di Verona vive queste ore sui «social» e seguendo le edizioni dei telegiornali del proprio Paese. «Lacrima dell’India» era fino a due giorni fa un’espressione poetica. Ora le lacrime sono una realtà. •

P.M.

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