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A SAN BONIFACIO, GRAVE IL BIMBO

Incinta cade a casa
Poi muore
mentre partorisce

Anna Massignan
Anna Massignan
Anna Massignan
Anna Massignan

Dramma all’ospedale di San Bonifacio. Una morte improvvisa ha ammutolito Sarego, paese vicentino dove una dottoressa, Anna Massignan, abitava insieme al fidanzato: la donna è spirata il pomeriggio del giorno di Natale, a 34 anni, mentre il bambino che portava in grembo e che avrebbe dovuto nascere tra poche settimane è ricoverato in condizioni disperate a San Bonifacio. Nello stesso ospedale in cui la dottoressa è deceduta durante l’intervento chirurgico praticato d’urgenza per far nascere il piccolo. Una perdita che lascia Meledo, frazione di Sarego, dove era nata e cresciuta e risiedeva, in lacrime. Anna Massignan avrebbe dovuto diventare mamma il 14 gennaio e, secondo quanto è stato possibili fino a questo momento ricostruire l’antivigilia di Natale, era stata vittima di un infortunio nella sua abitazione. Era infatti scivolata dalle scale e per questo trasportata all’ospedale di San Bonifacio dove è rimasta ricoverata fino a tutto il giorno successivo quando è stata dimessa senza che fossero riscontrate particolari complicazioni. Come da programma preparto, avrebbe però dovuto tornare in ospedale alle 13 del giorno di Natale.

La dottoressa Massignan tuttavia aveva cominciato ad accusare dolori e febbre alta fin dalle prime ore del mattino di giovedì quando il termometro aveva segnato 39,3 gradi. Considerata la situazione la futura mamma era stata quindi trasportata di nuovo in ospedale a San Bonifacio dove le sono stati effettuati gli esami che non avrebbero, il condizionale è d’obbligo, evidenziato particolari situazioni di rischio. Pare che anche il tracciato dei battiti del bimbo, nonostante le condizioni della mamma, fosse risultato regolare. Ma nell’arco di un quarto d’ora, però, le condizioni di Anna Massignan sono velocemente peggiorate tanto che i medici di San Bonifacio hanno ritenuto di praticare immediatamente il parto cesareo. Durante l’operazione sono sopraggiunte ulteriori complicazioni. La giovane donna ha avuto un’emorragia che si è rivelata devastante. Per diversi minuti le sono state praticate trasfusioni ma tutte le terapie sono state vane: il suo cuore ha smesso di battere poco dopo le 16. E alle 16.30 del giorno di Natale una telefonata dall’ospedale Fracastoro informava la famiglia del decesso. Mentre si cercava di salvare la madre altri medici si occupavano del bambino. Per oltre un quarto d’ora il piccolo, nato in condizioni critiche, è stato sottoposto alle manovre rianimatorie che hanno permesso di farlo nascere vivo. Tuttavia il quadro clinico non sembrerebbe lasciare speranze per la sua sopravvivenza nei prossimi giorni, la sofferenza nella fase precedente al parto avrebbe seriamente compromesso le sue condizioni. Queste ore sono però state sufficienti per farlo battezzare. Ieri il padre ha chiamato d’urgenza un sacerdote e il bambino che lotta tra la vita e la morte ha così potuto ricevere il nome che i genitori avevano scelto: Leonardo.

Medico di base a Lonigo, Anna Massignan aveva avuto un ambulatorio a Sarego e prestava servizio anche nella Casa di riposo «Bisognin». Si era laureata in Medicina a Verona, molto conosciuta e apprezzata per le sue doti professionali e ancor più per le sue doti umane, lascia nella desolazione il papà Antonio Beppino e la mamma Assuntina, che si apprestavano a diventare nonni, e il fidanzato Andrea Zambotto con cui presto avrebbe dovuto condividere la gioia di diventare genitore.

«Era il meglio che un genitore potesse desiderare. Sorridente, allegra, sempre contenta ma la sua virtù migliore era l’umiltà», dice disperato Antonio Massignan.

Dopo aver frequentato il liceo «Pavoni» di Lonigo si era iscritta all’Università di Verona, a Medicina e si era laureata a 25 anni.

«Aveva scelto di fare il medico di famiglia proprio perché il rapporto con i pazienti è continuo e più stretto», la ricorda così il dottor Antonello Lovato, medico di famiglia, che un anno fa l’aveva accolta nel suo studio a Lonigo. «Diventare medico era stato il sogno della sua vita e si vedeva che ci teneva tantissimo. Per lei era una ragione di vita, piango una collega e una persona eccezionale».

Matteo Guarda

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