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OMICIDIO IN VENEZUELA

I familiari di Polo
sotto scorta
«Conto resta aperto»

Monica Polo con il padre. I due erano molto legati. La donna in questo periodo è in Venezuela
Monica Polo con il padre. I due erano molto legati. La donna in questo periodo è in Venezuela
Monica Polo con il padre. I due erano molto legati. La donna in questo periodo è in Venezuela
Monica Polo con il padre. I due erano molto legati. La donna in questo periodo è in Venezuela

Tutti sotto scorta, tutti in pericolo di vita. L’omicidio dell’imprenditore Andrea Polo in Venezuela potrebbe essere soltanto il primo della sua famiglia.

Almeno questo dice la figlia di Polo, Monica, che gentilmente ancora una volta accetta di parlare con la stampa italiana mentre è in Venezuela, a San Cristòbal, dove era arrivata per trascorrere un periodo di vacanza.

«La polizia ha deciso di metterci tutti sotto protezione. Sia mio fratello, che mia sorella e i loro tre figli e pure io», dice al telefono, «pare che chi ha agito avesse deciso di continuare la sua opera. Un sospettato numero uno c’è», continua la donna, «ma non posso essere specifica, scendere nel dettaglio perchè anche in questo momento il telefono è intercettato e la polizia ci ha raccomandato di non fornire particolari, ma guardi il nemico ce lo avevamo in casa». Chi ha ucciso Andrea Polo era una persona che lui conosceva. Oppure è un conoscente che ha armato la mano del killer. Ma sia la polizia che la famiglia di Polo sanno da chi debbono guardarsi. «Siamo sotto scorta sia a casa che quando portiamo i bambini a scuola. Non possiamo stare da soli in nessun momento. Abbiamo telecamere in casa e fuori. Ma la polizia ci ha assicurato che la situazione dovrebbe risolversi nel giro di qualche giorno. Il mio rientro in Italia è previsto per il 21 marzo, ma ho deciso che resterò qui fino a quando il caso non sarà ufficialmente chiuso. Il fatto è che il nemico lo avevamo in casa. E la motivazione dell’omicidio di mio padre è finanziaria. Una questione di soldi, di eredità. Il sospettato ha minacciato anche mia sorella».

Ma all’obiezione che per ereditare bisogna essere parenti, la figlia si corregge: «No, non stiamo parlando di un parente. Non possa dire altro, ma il nemico era in casa, ce lo avevamo in casa, ripete». Polo è stato ucciso da un colpo di pistola, che gli ha trafitto il petto. Aveva 63 anni, il costruttore edile nato e cresciuto a San Bonifacio, fratello dell’ex sindaco del paese Silvano, era da quarant’anni residente in Venezuela.

Ammazzato mentre stava andando al lavoro, lunedì mattina, nel quartiere Bolìvar a San Cristòbal, una cittadina al confine con la Colombia, dove Polo era molto conosciuto.

Aveva fondato una florida impresa di costruzioni nel Paese che adorava anche per le bellezze naturali del paesaggio. Lì poteva immergersi in quella natura incontaminata e selvaggia, per cui nutriva una grandissima passione. Lunedì Polo era appena arrivato con la sua moto all’interno del cantiere per la costruzione del complesso residenziale «El Campo» destinato a soli italiani, nel quartiere Bolivàr.

Il sessantatreenne ha fatto appena in tempo a togliersi il casco di dosso, che due uomini in sella a una moto gli si sono avvicinati. Uno è sceso e gli ha sparato un colpo di pistola tra il petto e il torace, da destra a sinistra. Senza che lui avesse il tempo di reagire. E davanti a svariati testimoni, come se non importasse essere visto.

Alessandra Vaccari

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