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I crimini di Misha Seifert
«La Storia è memoria»

DEPORTAZIONE E LAGER. Incontro all'Istituto storico e cerimonia al Sacrario militare. L'ex procuratore Costantini: «Portarlo in tribunale è stato un lavoro duro e intenso, ma era il mio dovere e non devo essere ringraziato»
La deposizione della corona ieri al Sacrario militare
La deposizione della corona ieri al Sacrario militare
La deposizione della corona ieri al Sacrario militare
La deposizione della corona ieri al Sacrario militare

Verona. Ricordare le vittime senza dimenticare chi furono i carnefici e di quali crimini orrendi essi si macchiarono. Memoria e giustizia sono stati i protagonisti dell'incontro organizzato dall'Istituto veronese per la storia della Resistenza, dall'Anpi, dall'Anppia e dall'Aned per rievocare il processo a Michael Seifert, detto "Mischa", il crudele e sadico boia del lager di Bolzano. Nella sede dell'Istituto è stato proiettato un video, che ha ripercorso le tappe del procedimento giudiziario presentando anche le testimonianze di deportati come quella della partigiana veronese Marisa Scala (triangolo rosso) la quale ha rammentato le grida di dolore strazianti degli internati percossi e uccisi nelle anguste e fredde celle d'isolamento del lager, ed è intervenuto l'ex procuratore capo del tribunale militare di Verona Bartolomeo Costantini che istruì il processo contro l'ex caporale delle SS e ne ottenne, il 24 novembre 2000, la condanna all'ergastolo in contumacia. «Questo è stato», ha ribadito il tenace magistrato Costantini sottolineando l'importanza di ricordare oggi ciò che accadde allora. "Mischa" Seifert (nato a Landau in Ucraina da genitori tedeschi e arruolatosi all'età di 19 anni, a fine '43, nelle SS) fu ritenuto responsabile di 11 dei 18 omicidi contestatigli. Delitti commessi tra il dicembre '44 e l'aprile '45 quando assieme ad un'altra feroce SS, Otto Sein (suo complice rimasto irreperibile per la giustizia), era guardiano del Blocco Celle, le prigioni del campo di transito di Bolzano. "Mischa" e Otto erano la coppia terribile e spietata del lager di Bolzano, i diavoli di quell'inferno. Seviziavano, violentavano, ammazzavano. Senza pietà. Costantini ha citato uno degli omicidi che più l'ha colpito: l'uccisione del prigioniero Bortolo Pezzutti, 18 anni, sventrato con un oggetto tagliente dopo violente bastonate. Accadde nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile (giorno di Pasqua) del '45. Pezzutti era stato arrestato a Lovere (Bg), la vigilia del Natale '44, dai fascisti di Salò della Legione Tagliamento perché si era rifiutato di togliersi un fazzoletto rosso che portava al collo. Fu consegnato alle SS di Brescia e inviato al lager di Bolzano dove fu trucidato da Seifert in concorso con Otto Sein. La sentenza di condanna venne confermata in Appello nel 2001 e in Cassazione nel 2002. Costantini ha evidenziato che chiese fin da subito l'estradizione dell'aguzzino, rifugiatosi dal 1951 in Canada, a Vancouver. Essa fu concessa a metà febbraio del 2008 e così Seifert venne finalmente rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Ce). Il nazista morì il 6 novembre 2010, a 86 anni, nell'ospedale di Caserta, per i postumi di una caduta in carcere avvenuta una decina di giorni prima. Costantini ha precisato che nel processo l'imputato ha goduto di ogni garanzia. Per il lager altoatesino passarono circa 11mila prigionieri: antifascisti, partigiani, ebrei, zingari, renitenti alla leva. Il recluso più giovane fu la piccola ebrea Esther Misul (di un anno), quello più anziano l'ebrea Clelia Bassani (80 anni). Tra loro anche Mike Bongiorno, Margharet Colins De Tarsienne (prima moglie di Indro Montanelli) ed Eugenio Pertini (fratello di Sandro, il futuro presidente della Repubblica, spirò nel campo di Flossenburg). Molti i deportati a Bolzano provenienti dalla nostra città, tra i quali diversi esponenti della Resistenza veronese e veneta, dal professor Egidio Meneghetti al professor Berto Perotti, dall'avvocato Gracco Spaziani (morto a Mauthausen) al partigiano della brigata "Pierobon" ed attuale presidente provinciale dell'Aned Gino Spiazzi (che ritornò da Flossenburg). Spiazzi, presente in sala, ha espresso commosso, assieme a Raul Adami, presidente provinciale dell'Anpi, gratitudine a Costantini che ha risposto: «Per portare Seifert davanti alla giustizia e alle sue responsabilità abbiamo dovuto ricostruire tutto, utilizzando anche, per esempio, i registri della Croce Rossa, quelli della polizia tedesca, dell'autorità giudiziaria canadese… E' stato un lavoro intenso ma di cui non devo essere ringraziato: ho fatto il mio dovere in adempimento di un principio costituzionale, l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale». Ieri mattina è stata deposta una corona al Sacrario militare del cimitero monumentale per il Giorno della Memoria. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Marco Scipolo

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