Era stato condannato a sedici anni per aver strangolato la moglie con un foulard di seta. Ieri, per Giovanni Lucchese, è arrivato lo sconto di un anno della pena al termine del processo che si è celebrato a Venezia davanti alla Corte d'Assise d'Appello.
Entro trenta giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza che hanno portato alla riduzione della pena. E soltanto allora il difensore, l'avocato Mario Vittore de Marzi, deciderà un eventuale ricorso in Cassazione; per il momento il legale non rilascia alcuna dichiarazione.
La storia di Giovanni Lucchese e Gabriella Falzoni si interrompe drammaticamente in un fresco pomeriggio di domenica 4 marzo.
Poco dopo lee 16, nella camera da letto di Giovanni Lucchese, allora 56 anni, impiegato in una concessionaria di auto e Gabriella Falzoni, 51 anni, impiegata in una ditta di abbigliamento, scoppia l'ennesimo litigio. Stavolta, però, l'epilogo è drammatico. In preda a una furia cieca l'uomo afferra un foulard, lo stringe attorno al collo della donna e lo stringe fino a strangolarla. Per Gabriella non c'è scampo.
Alle 17.10 Giovanni si presenta ai carabinieri della compagnia di Villafranca con alcuni graffi sul volto e confessa il suo delitto.
Scattano i sopralluoghi, le indagini, gli interrogatori. La dinamica, nella sua drammaticità, è chiara fin da subito. Una tragedia della disperazione, della paura, dell'incertezza sul futuro. Nella vita di Giovanni si erano insinuati i timori e i sospetti. I timori per le difficoltà relative al suo lavoro e i sospetti che sua moglie Gabriella, con la quale aveva condiviso un'ampia fetta di vita, potesse avere una relazione con un collega di lavoro.
Lei, Gabriella, aveva sempre negato: era sulo amicizia. Ma c'erano quegli sms che lui aveva fotografato sul cellulare della moglie. Messaggi di cui lui aveva chiesto conto alla donna. Fino a quell'ultima telefonata, il giorno del delitto, in camera da letto. La coppia era da poco tornata da un viaggio in Kenya. Quella domenica pomeriggio il telefono di Gabriella suonò: e quello squillo innescò una discussione. Giovanni Chiese spiegazioni, ci fu una discussione, poi esplose la violenza. Gabriella cercò di difendersi, come testimoniarono anche i graffi sul volto dell'uomo, ma Giovanni non allentò la presa.
Poi, sconvolto, andò dai carabinieri. E finì in carcere. Dopo nove mesi chiese di essere sentito dal pubblico ministero a cui raccontò del senso di smarrimento, dell'amarezza e della delusione che aveva provato. Raccontò dei suoi disagi, delle sue crisi di panico, dalle paura che la sua unione potesse bruscamente interrompersi.
A novembre al processo con rito abbreviato davanti al giudice per le indagini preliminari Guido Taramelli Giovanni Lucchese era stato condannato a sedici anni.