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Il climber morto ieri a Ceredo

Fotografo professionista con il pallino
dell’arrampicata: addio a Magagna

Il climber morto ieri a Ceredo
Mauro Magagna
Mauro Magagna
Palestra di roccia a Ceredo (Zambaldo)

 

Nessun limite tra lavoro e tempo libero, tra mente e corpo, tra amore e religione. Una vita intensa, vissuta per l’arte della fotografia, con la passione per l’avventura e per l’arrampicata. Mauro Magagna, fotografo e climber, scomparso ieri su una parete di roccia di Ceredo alta in Lessinia, lascia scritto sul suo profilo Instagram: «Non sono un Instaphotographer, ma un fotografo professionista. Da 25 anni». Lascia moglie e figlia.

 

Carabinieri e uomini del Soccorso alpino ai piedi della falesia di Ceredo dove ieri mattina il cinquantacinquenne ha perso la vita precipitando durante una arrampicataMagagna con la macchina fotografica: una passione diventata lavoro
Carabinieri e uomini del Soccorso alpino ai piedi della falesia di Ceredo dove ieri mattina il cinquantacinquenne ha perso la vita precipitando durante una arrampicataMagagna con la macchina fotografica: una passione diventata lavoro

 

In un’epoca che consegna in mano a tutti una stazione multimediale, compresa di macchina fotografica, Magagna riaffermava così la professione, la pratica sul campo, la dedizione totale. Nella sua biografia si trovano insegnamenti zen e frasi lapidarie, a testimonianza di un carattere deciso. «Chi è maestro nell’arte di vivere», e il fotografo veronese cita un pensiero zen del XIII Secolo, «distingue poco tra il suo lavoro e il tempo libero, tra la sua mente e il suo corpo, la sua educazione e la sua ricreazione, il suo amore e la sua religione. Con difficoltà sa cos’è cosa. Persegue semplicemente la sua visione dell’eccellenza in qualunque cosa egli faccia, lasciando agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui, pensa sempre di fare entrambe le cose insieme».

 

GLI INIZI. Nelle note biografiche parlava di uno zio che gli ha prestato a fine anni ’70 «una vecchia e mitica Canon Ftb » e di lui che «tentava di trasferire su pellicola tutta una accozzaglia di visioni» che lo accompagnavano da tempo. Da lì una passione sempre più frenetica per la fotografia. «Mauro aveva una cultura vastissima», racconta un amico che vuole rimanere anonimo, devastato dalla scomparsa del fotografo climber. «Vedeva una foto e sapeva riconoscere l’autore, sapeva a quale corrente estetica farlo risalire. Sapeva sorprenderti con la sua profonda conoscenza del mestiere. Magari poteva apparire brusco con chi scattava una decina di foto col telefono e si definiva subito fotografo, ma era sempre sincero e appassionato». 

 

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Giulio Brusati

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