Qualcosa si muove - solo il sindacato Cisl per ora accetta di trattare con il direttore operativo Francesca Taratrotti le misure previste dalla legge Bray - ma resta duro il braccio di ferro fra Fondazione Arena e lavoratori. Al punto che continua l’occupazione degli uffici nella sede dell’ente, fra via Roma e via Manin, anche se i tesserati Cisl si avviano ad abbandonarla. In ogni caso, la Tartarotti - che giovedì aveva dato un termine di 48 ore ai sindacati Cgil, Cisl, Uil e Fials-Cisal per accettare di aprire la trattativa sul piano di risanamento, fra cui il taglio di 5 milioni sui costi del personale - ha riconvocato per martedì, alle 10, i sindacati, in virtù dell’articolo 38 del Contratto nazionale dei lavoratori dello spettacolo. Invitandoli formalmente a sospendere ogni iniziativa di protesta. Se ciò non avverrà, la dirigenza considererà quella una violazione del contratto. E partirà con le misure della Bray, che prevedono fra l’altro la riduzione fino a un massimo del 50% del personale tecnico-amministrativo (massimo 65 persone, su 283 totali) che però verrebbe ricollocato nella società statale Ales, e poi riduzione del corpo di ballo e possibili 20 prepensionamenti. La stagione lirica, comunque, si farà.
La segreteria Fiste-Cisl, di cui è segretario Nicola Burato, ha diffuso una nota in dice che «ritiene più che mai indispensabile e improcrastinabile avviare il percorso di confronto e le trattative con la parte datoriale. E il primo punto che pretenderemo di affrontare», dice Burato. La Cisl ha scritto ieri alla Tartarotti chiedendo «di attivare un incontro per l’esame dei contenuti dell’informativa» - in pratica l’incontro di martedì - «e auspica che si riprenda il dialogo, alla presenza di tutte le parti coinvolte, con gli unici obiettivi di salvaguardare i posti di lavoro, le retribuzioni, e un piano di rilancio della Fondazione Arena». E la nota conclude informando che la Cisl ritiene conclusa l’occupazione.
Ieri, intanto, il leader e candidato sindaco di «Verona Pulita», Michele Croce, ha dialogato con una ottantina di occupanti la sede. «Mi avevano invitato per chiedermi consigli», dice. «Mi hanno manifestato la loro preoccupazione e io li ho invitati a non liberare la sala, perché occuparla è un modo simbolico di far vedere tutta la forza lavoro della Fondazione. Nel dettaglio», spiega, «la Bray non è solo tagli di lavoratori. Serve però un rilancio dell’offerta artistica. Poi si parli anche del museo Amo e di Arena Extra. E basta imposizioni dall’alto. Questo è il tempo del dialogo».E.G.