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Creato il portale che aiuta i malati

Il dottor Antonio Santo (a destra) con il professor Mario Nosotti
Il dottor Antonio Santo (a destra) con il professor Mario Nosotti
Il dottor Antonio Santo (a destra) con il professor Mario Nosotti
Il dottor Antonio Santo (a destra) con il professor Mario Nosotti

Sarà presentato in anteprima a Verona il nuovo portale nazionale che permette ai pazienti con sospetta o accertata neoplasia polmonare di essere presi per mano per ottenere trattamenti ottimali senza perdere tempo prezioso per capire cosa fare e dove andare. Anche perché la paura e lo shock dopo una simile diagnosi tolgono lucidità e decidere diventa ancora più difficile. Ora però non sarà più così, perché tutti i centri elencati nel Network, dove il paziente sarà accolto e consigliato da medici, sono centri d’eccellenza scelti da specialisti che lavorano da decenni nel settore e conoscono bene la realtà nazionale. Ad avere l’idea di creare il portale, un approdo sicuro per i pazienti che potranno anche esprimere un parere sui servizi ricevuti, è stato Antonio Santo, che da 32 anni si occupa di neoplasie polmonari ed è responsabile del Givop (Gruppo interdisciplinare veronese oncologia polmonare) dell’Azienda ospedaliera integrata di Verona che si trova all’ospedale di Borgo Trento. Santo non è nuovo alle «invenzioni», che hanno portato Verona ad essere anche la prima città dotata di una realtà ospedaliera che prima non esisteva, il Givop appunto, esportata poi in molte altre città. Una realtà creata nel 2002 su base volontaristica da alcuni medici coinvolti dall’entusiasmo di Santo, riconosciuta ufficialmente dall’azienda ospedaliera nel 2006, che prende in carico il paziente per tutto il percorso diagnostico e terapeutico. Grazie alla presenza di un gruppo interdisciplinare di cui fanno parte i direttori delle unità operative Maurizio Infante (Chirurgia toracica), Claudio Micheletto (Pneumologia), Renzo Mazzarotto (Radioterapia), Aldo Scarpa (Anatomia patologica), Stefania Montemezzi (Radiologia), Michele Milella (Oncologia medica), Giuseppe Lippi (Laboratorio) e Michele Zuffante (Medicina Nucleare). «Che ringrazio», sottolinea Santo. Dopo il «battesimo» del Givop, ora tocca a quello del Network. Sarà fatto in forma ufficiale domani, martedì e mercoledì al secondo Congresso nazionale Fonicap (Forza operativa nazionale interdisciplinare contro il cancro al polmone)/Aic Net (Alleanza italiana contro le neoplasie toracopolmonari) che si terrà in sala Marani (ospedale Borgo Trento). Parteciperanno i più autorevoli studiosi italiani sul cancro del polmone e saranno presentate le ultime novità sulle terapie alla luce dei recentissimi studi presentati al Congresso mondiale Asco di Chicago, alla Conferenza mondiale sulle neoplasie toracopolmonari e al Congresso Europeo Esmo, entrambi organizzati a Barcellona. Interverrà lo scienziato italo-americano Antonio Giordano che parlerà di «Geni, ambiente e cancro» e riceverà un premio alla carriera. «La nascita del Network Fonicap è finalizzata anche a mettere un freno ai viaggi della speranza», spiega Santo che ha organizzato il convegno in quanto presidente di Aic-Net e past president di Fonicap (il presidente è Mario Nosotti), «all’arrivo soprattutto dal sud di malati, con disagi economici e logistici non indifferenti. Fonicap ha individuato i centri di eccellenza in tutte le regioni, sud compreso». Ma l’obiettivo primario è far arrivare le terapie innovative alla maggior parte dei malati. «Ci sono cure che danno risultati anche ai pazienti con malattia avanzata, allungando la sopravvivenza e offrendo una buona qualità della vita», spiega Santo. «Sono le terapie biologiche o a bersaglio molecolare. Il farmaco colpisce le cellule malate evitando le sane. In media il 30 per cento dei malati sarebbe compatibile con queste cure, ma la percentuale restante può giovarsi dell’immunoterapia o dei nuovi chemioterapici che danno meno problemi di una volta». «Il problema», continua, «è che anche chi potrebbe avvalersi dei farmaci di ultima generazione spesso non può farlo se si cura nei centri minori dove non è possibile accertare la compatibilità con i test biomolecolari. Calcolando che in Italia ci sono 42 mila nuovi malati all’anno, 5-6 mila pazienti che potrebbero assumere questi farmaci non possono farlo. Pensare di curare una patologia simile in centri periferici ormai è impensabile. Serve un gruppo interdisciplinare. Il cancro si combatte lavorando insieme». •

Chiara Tajoli

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