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Il dottor Zavarise del Sacro Cuore

Covid e i bambini, il pediatra: «L'unica soluzione è proteggerli con il vaccino»

Bimbi e covid, come proteggerli?
Bimbi e covid, come proteggerli?
Bimbi e covid, come proteggerli?
Bimbi e covid, come proteggerli?

Serpeggia tra i più giovani, il virus. I dati degli ultimi giorni dicono che buona parte dei nuovi contagiati ha meno di 30 anni e ci sono anche bambini sotto i 9. Perché sono più esposti avendo una vita sociale più vivace e perché, dai 12 anni in su, hanno avuto accesso più tardi alla vaccinazione.

 

La soluzione? «Proteggerli con il vaccino». È l’unica via che indica il pediatra del Sacro Cuore di Negrar, Giorgio Zavarise, che si occupa proprio di infettivologia pediatrica ed è consigliere regionale della Società italiana di pediatria ospedaliera.

 

L’immunità di gregge. «La vaccinazione serve per raggiungere una indispensabile immunità di gregge, per impedire di ammalarsi in forme gravi e da varianti, per permettere una frequenza scolastica in presenza indispensabile per l’equilibrio psichico del bambino e del ragazzo e per impedire complicanze a lungo termine da covid».

 

Perché evitare di ammalarsi consente anche di non incorrere nei postumi da covid che sono stati rilevati proprio nella popolazione più giovane colpita nelle prime due ondate. Dopo l’infezione sono due gli effetti che sono stati riscontrati nei giovanissimi: una sindrome infiammatoria simile a quella di Kawasaki e quella definita del «long covid».

 

«Quest’ultima», spiega Zavarise, «la osserviamo soprattutto negli adolescenti sportivi. A distanza di tre-sei mesi dall’infezione lamentano stanchezza cronica, cefalea, dolori muscolari e toracici, nausea costante fino a problemi gastrointestinali».

 

Nelle prime due ondate in Italia il 5-6 per cento dei bambini contagiati ha avuto febbre curata a casa. In ospedale, però, ne sono stati ricoverati tremila (negli Stati Uniti 400.000). «Ma dopo l’infezione primaria, molti di loro hanno manifestato una sindrome infiammatoria sistemica, simile alla Kawasaki, con febbre, problemi cardiologici e vasculite. È stata curata come la Kawasaki. Ma i dati di cui stiamo parlando sono solo la punta di un iceberg perché il virus muta per rendersi più aggressivo sull’uomo nel quale ha trovato un ospite appetibile. Per questo adotta le sue strategie. E non sappiamo se le mutazioni riguarderanno anche i piccoli pazienti».

 

I numeri. Insomma il covid si è già manifestato nelle prime ondate anche sui piccoli, pur in numeri più bassi. Ma non si sa come si comporterà adesso. «Quindi è necessario proteggerli perché è vero che sinora sono stati tralasciati dal virus ma non sappiamo se sarà così con le prossime varianti.

 

È importante vaccinare la fascia 12-18 anni che sono poi i diffusori del virus, una volta contagiati». Ma tra i genitori ci sono ancora timori: da un lato si teme per gli effetti del vaccino, essendo nato il caso delle miocarditi post iniezione. Dall’altro c’è chi attende che la ricerca si evolva un po’.

 

Entrambe le motivazioni, secondo il pediatra, sono da rigettare: «Sono comparsi alcuni articoli sulle miocarditi ma riguardano vaccini non usati in Italia e, inoltre, il nesso causa effetto non è stato dimostrato. In secondo luogo, e qui parlo da cittadino, vaccinarsi è un atto civico, lo si fa per sé e per gli altri».

 

I picchi epidemici, come quello che sta montando in queste settimane, sono previsti nell’arco di una pandemia: «Appena si abbassa la guardia, il virus riprende. La vaccinazione è necessaria perché dobbiamo arrivare all’immunità di gregge dell’80 per cento», continua Zavarise che rileva, nel suo mestiere, un aumento della fetta di popolazione contraria ai vaccini, anche quelli per altre malattie.

 

«Ci sono sempre meno credenti nella scienza che è l’unica, invece, a darci risposte di cui fidarci».

 

La febbre. L’altra preoccupazione dei genitori è se il figlio manifesta dei sintomi febbrili. «È sempre un adulto che contagia il piccolo, perciò occorre capire se può essere stato a contatto con il virus», conclude il pediatra. «Nel caso di febbre è bene effettuare un tampone rapido e poi eventualmente un molecolare la cui risposta ora è ottenibile anche nell’arco di qualche ora. Se il bambino risulta positivo, ma sta bene, si cura a casa idratandolo e ricorrendo al paracetamolo in caso di febbre. Se anche gli esami del sangue indicano una situazione non buona si accoglie in ospedale con terapie di supporto alla respirazione ed eventualmente antibiotici. Il primo passo è comunque sempre quello di rivolgersi al pediatra di famiglia perché resta essenziale non intasare il pronto soccorso». 

Maria Vittoria Adami

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