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Il processo

Cibo ammuffito,
«frode ai danni
del carcere»

Il processo
Il carcere di Montorio
Il carcere di Montorio
Il carcere di Montorio
Il carcere di Montorio

Verdure con muffa o marcia, di qualità decisamente inferiore a quella indicata nel contratto di fornitura dei viveri per la mensa del carcere di Montorio.

La stessa «scarsa qualità» venne poi riscontrata anche in altre derrate e nel 2012 fu la direttrice Maria Grazia Bregoli ad informare il Dipartimento di prevenzione - Servizio igiene alimenti dell’Ulss 20 di Verona. Lo fece chiedendo di effettuare controlli ufficiali che avrebbero poi supportato lamentele e contestazioni. Oltre a lei intervenne anche Margherita Forestan, il garante per i detenuti, e tutto poi confluì nel fascicolo aperto dalla Procura di Verona per l’ipotesi di frode nelle pubbliche forniture.

Questa l’accusa che il pm Elisabetta Labate ipotizza a carico di Claudio Landucci, 74 anni di Lucca, legale rappresentante della sas che ha lo stesso nome, oltre che di Michela Tiraboschi e Savino Tiraboschi, rispettivamente di 26 e 55 anni, in qualità di legale rappresentante e gestore di fatto della Ortobergamo srl. Otto detenuti (rappresentati dagli avvocati Bergamini, Pippa e Perseghin) hanno chiesto di essere ammessi in qualità di parti civili. Il cibo avariato e scadente oltre ad essere potenzialmente pregiudizievole per la salute obbligò i detenuti ad utilizzare il sopravitto, ovvero acquistare cibi non presenti in carcere. La ditta fornitrice era sempre la medesima e il prezzo era esageratamente maggiorato: il giudice deciderà anche se ammetterli.

Fabiana Marcolini

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