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Un anno come volontaria ad Aleppo

Bianca Biroli, 23 anni, infermiera
in Siria con i Focolarini

Un anno come volontaria ad Aleppo
Bianca Biroli, a sinistra, con Maria Stella Crepaz e un amico siriano ad Aleppo
Bianca Biroli, a sinistra, con Maria Stella Crepaz e un amico siriano ad Aleppo
VOLONTARIA IN SIRIA

Una laurea in Scienze infermieristiche in tasca, 23 anni sulle giovani spalle che dimostrano già di essere parecchio forti. Bianca Biroli, veronese, è partita nel maggio scorso per Aleppo, decisa a fare un’esperienza di volontariato all’estero. Era stata la sua amica e compagna di scuola Maria Stella Crepaz, trentina sua coetanea, a proporle la Siria perchè c’era stata per un breve periodo di tempo. Così le due ragazze sono partite.

 

Le giovani infermiere sono in Siria grazie a un progetto dei Focolarini che propone alle famiglie o ai singoli di passare almeno una quindicina di giorni in quel Paese per capire quello che sta succedendo e dare una mano. Bianca e Maria Stella abitano con le suore e sono in qualche modo protette.

 

Quando a maggio le due sono arrivate, la guerra era appena terminata, ora invece le bombe al confine siriano, con gli attacchi turchi, in lontananza accompagnano i giorni in cui le ragazze lavorano sia con alcune studentesse sordomute in una scuola che con gli anziani in un casa di riposo.

 

Le raggiungiamo con una videochiamata, dopo aver preso accordi, visto che il wi-fi funziona a salto e non dappertutto. Ed eccole lì, con i loro volti sorridenti, Bianca con un nuovo taglio di capelli fatto da un barbiere locale, perchè di parrucchiere lì non esiste neanche l’ombra, o forse qualcuna lavora in casa, chissà. Dai capelli lunghi è passata a un bomb con frangia, molto attuale. Sorride alla battuta.

 

«Siamo davvero felici di essere qui, incontriamo tante persone che hanno voglia di parlarci, di ascoltarci, di raccontare come se temessero di essere dimenticate. Noi studiamo anche l’arabo per riuscire a comunicare meglio», sorridono, «anche se per ora con scarsi risultati».

 

«Oggi, per esempio abbiamo fatto lezione di primo soccorso ad alcuni ragazzi. Spiegarsi con due lingue così distanti non è facile, ma ce la facciamo».

 

Le immagini del video trasmettono tutto l’entusiasmo che stanno mettendo in questa esperienza. Non sarà certo originale, ma il pensiero corre a tante ragazzine della loro stessa età il cui unico problema è uscire verso mezzanotte e trovare qualcosa da fare per divertirsi, salvo poi tornare a casa all’alba senza esserci riuscite.

 

Gli occhi di Bianca e Maria Stella brillano. Sono loro a brillare di quella luce che sa regalarti soltanto la piena consapevolezza che stai facendo una cosa grande. Una cosa giusta. «Aleppo è stata distrutta, non ci sono soldi e forze per ricostruirla, ma tanti giovani non vogliono lasciare il loro Paese e nemmeno vogliono che qualcuno dopo aver tolto loro il passato, impedisca di avere un futuro», continuano le ragazze. E aggiungono: «Qui tutti danno tanto senza avere niente e questa è una sensazione davvero molto forte. È pazzesco come chi non ha niente riesca a dare tanto e che invece ha molto non dia alcunchè». I giorni scorrono veloci con le mille cose da fare: «Fin dall’inizio siamo state accolte come in una grande famiglia», spiega Bianca, «il cibo non ci manca, semmai sono l’energia elettrica e i collegamenti telefonici a lasciar desiderare. Il blocco dell’import si sente eccome, ma i siriani sono orgogliosi di essere riusciti a utilizzare i loro prodotti».

 

I genitori di Bianca, da casa, sono avidi di notizie. Sono anche andati a trovare le ragazze. «Mia figlia ha un biglietto aperto fino ad aprile dell’anno prossimo e di tornare a casa prima non ne vuol sentir parlare. Io sono preoccupata, certo, non è tutto così semplice, ma rispetto le sue decisioni», dice Valeria, madre di Bianca, «noi guardiamo la tv, di questo conflitto conosciamo soltanto quello che ci viene raccontato dai media, e sembra che a nessuno interessi veramente quello che sta accadendo». Ma per le ragazze i combattimenti al confine sono distanti.

 

«Qualche mese fa avevano bombardato il quartiere vicino al nostro, abbiamo sentito le bombe arrivare, ma qui è abbastanza tranquillo», spiega Bianca, «credo che torneremo con una grande esperienza, anche per il lavoro che abbiamo scelto di fare, le infermiere. Già per questo noi siamo proiettate ad aiutare gli altri e questa esperienza ci sta donando tanto. Tornare in Italia, a Verona dopo, sarà come essere catapultate in un mondo parallelo. Ci sembrerà di arrivare da un altro pianeta».

Alessandra Vaccari

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