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Dopo le prime tre sospensioni, una «contestazione disciplinare»

Batterio killer, nuovo
provvedimento:
ora a Microbiologia

Un laboratorio di microbiologia. Un provvedimento del dg Cobello è arrivato per quello di Borgo Trento
Un laboratorio di microbiologia. Un provvedimento del dg Cobello è arrivato per quello di Borgo Trento
Un laboratorio di microbiologia. Un provvedimento del dg Cobello è arrivato per quello di Borgo Trento
Un laboratorio di microbiologia. Un provvedimento del dg Cobello è arrivato per quello di Borgo Trento

 È arrivata anche la contestazione disciplinare, con addebiti pesantissimi, a «chiudere il cerchio» dei provvedimenti decisi da Francesco Cobello, il commissario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, contro i potenziali responsabili dell’epidemia di Citrobacter che tra il 2015 e lo scorso maggio ha colpito la Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino.

 

Dopo le prime tre «sospensioni in via cautelare», a inizio settembre, del direttore sanitario Chiara Bovo, di quello ospedaliero Giovanna Ghirlanda e del primario della pediatria Paolo Biban, si aspettava appunto il nome del quarto camice bianco sotto accusa, dal momento che circolava con insistenza la voce che non sarebbe finita lì. E infatti la direzione generale dell’Aoui l’altro ieri ha spedito la raccomandata al medico dirigente destinatario del provvedimento: non una sospensione dal lavoro, stavolta, ma una «contestazione» scritta su diverse questioni a cui il diretto interessato dovrà replicare con una memoria difensiva per spiegare i comportamenti ritenuti dall’azienda lesivi degli obblighi contrattuali. Se la sua versione non chiarirà gli addebiti, scatteranno i provvedimenti previsti.

 

È il direttore (facente funzioni) della Microbiologia il nuovo «attore» che, secondo quanto emerso dalla relazione degli ispettori mandati dalla Regione, avrebbe avuto un ruolo non indifferente nella fase di diagnostica e di ricerca del batterio svolgendo migliaia di tamponi sui neonati ricoverati senza poi, però, comunicare gli esiti del centinaio di positivi a chi di dovere (direzione ospedaliera e medica per prime). Secondo i commissari regionali, pur davanti a risultati che avrebbero dovuto essere un campanello d’allarme, nessuna segnalazione sarebbe uscita dal laboratorio indirizzata ai vertici della direzione aziendale, che dichiara di essere venuta a conoscenza del problema solo in maggio di quest’anno, quando nelle culle della Tin c’erano ben dodici piccoli colpiti dal batterio.

 

È la dottoressa Giuliana Lo Cascio, primario facente funzioni dell’Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’azienda, la destinataria della lettera di Cobello. Come scritto dagli ispettori inviati a giugno a Borgo Trento a fare luce sulla vicenda del batterio killer, «restringendo l’analisi ai 3.133 tamponi eseguiti in Terapia Intensiva neonatale e in quella pediatrica, tra aprile 2017 e luglio 2020, di questi 2.216 sono stati eseguiti per la sorveglianza del Citrobacter Koseri che, a partire dallo scorso gennaio, è stato isolato in 413 tamponi corrispondenti al 28,4% di quelli positivi».

 

Ma di tutto questo, la direzione generale non sarebbe mai stata informata. E ancora: «I tamponi analizzati evidenziano un aumento dei soggetti colpiti con il passaggio dallo 0,5% del totale nel 2018 all’8,2% dei primi sette mesi del 2020... coinvolgendo in totale 91 neonati. Da aprile 2017 a luglio 2020 i casi sono correlati temporalmente e avvengono principalmente nella Terapia Intensiva neonatale e pediatrica tanto da poter essere definiti come un possibile outbreak (epidemia, ndr)».

 

I dubbi dei commissari, poi, riguardano la sospensione in febbraio da parte dei microbiologi (pur davanti a numeri sentinella) della caccia al germe. «Per l’emergenza Covid-19», sarebbe la risposta fornita dai medici, per non intasare i laboratori già in tilt per i tamponi naso-faringei. Ma lo stop allo screening Citrobacter sarebbe arrivato prima del 21 febbraio, prima cioè che scoppiasse il Coronavirus. Insomma, se questo pericolosissimo batterio, come emerge nella relazione, è stato isolato ancora nel 2015 esplodendo in tutta la sua gravità negli ultimi anni con 4 neonati morti e altri rimasti disabili, perchè la dottoressa Lo Cascio o chi come lei avrebbe dovuto farlo non ha denunciato quello che vedeva nei tamponi dei piccoli? 

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Camilla Ferro

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