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Anziano uccide l’amante Lui 72 anni, lei ne aveva 77

Era l’8 dicembre 2016 quando Fernanda Paoletti ha postato questa foto dal suo profilo Facebook: drammaticamente premonitricePietro Di Salvo, 72 anniFernanda Paoletti, la vittima
Era l’8 dicembre 2016 quando Fernanda Paoletti ha postato questa foto dal suo profilo Facebook: drammaticamente premonitricePietro Di Salvo, 72 anniFernanda Paoletti, la vittima
Era l’8 dicembre 2016 quando Fernanda Paoletti ha postato questa foto dal suo profilo Facebook: drammaticamente premonitricePietro Di Salvo, 72 anniFernanda Paoletti, la vittima
Era l’8 dicembre 2016 quando Fernanda Paoletti ha postato questa foto dal suo profilo Facebook: drammaticamente premonitricePietro Di Salvo, 72 anniFernanda Paoletti, la vittima

Strangolata con una fune. E da un capo, quella fune è stata poi legata a un termosifone. Dall’altra, avvolgeva il collo di Fernanda Paoletti, 77 anni, divorziata di prime nozze e vedova delle seconde, ex dipendente comunale, residente in viale Unità d’Italia, a San Michele. Una sceneggiata per un improbabile suicidio. Una corda di quelle tubolari, che di solito hanno alle estremità uncini, corde che tengono chiuse le valigie, oppure fermi i bagagli. Pietro di Salvo, 72 anni, residente a un paio di chilometri di distanza, con quella corda ha voluto porre fine a una relazione, nata un anno fa, circa, sui social. È così che i due si erano conosciuti. Ha commesso l’ennesimo femminicidio: da inizio anno, in Italia sono stati 32. Quasi che ammazzando l’altra parte di una relazione, si potesse cancellare tutto quello che c’è stato, ripartire con un’altra vita o tornare alla propria, annullando l’esistenza di un’altra persona. Fernanda era una signora giovanile, che amava la vita, i fiori, i colori, faceva volontariato a Casa Serena, accudiva un parente malato. Una donna attiva e brillante. Lunedì 4 giugno, uno dei suoi due figli l’aspettava in centro per bere qualcosa insieme, in attesa che la nuora terminasse il lavoro. Ma Fernanda non si è presentata. Il figlio subito non ci ha dato peso, accadeva spesso; ma poi, passando da via Unità d’Italia, ha visto l’auto della madre posteggiata sotto casa e si è insospettito perchè a quell’ora lei di solito era ad accudire il parente malato. Così l’ha chiamata al cellulare, ma la donna non ha risposto. Ha suonato al campanello di casa, nulla. E allora ha citofonato alla vicina che ha le seconde chiavi dell’appartamento. E quando l’uomo ha aperto la porta ha visto la madre a terra e la corda al collo. Ha tentato di rianimarla, ma non c’era più nulla da fare. Era stata ammazzata almeno sette ore prima. La chiamata alla polizia, i racconti vagliati per cercare di capire chi avesse ammazzato la donna. Ma a mettere la polizia sulla giusta strada è stata un’amica della vittima, che ha detto che Fernanda da un anno si vedeva con un uomo sposato. E lo incontrava ogni lunedì mattina. La squadra mobile è arrivata subito a Di Salvo. «L’uomo ha tentato di dire di non sapere di cosa stessimo parlando, e s’è contraddetto più volte. Ha poi sostenuto di aver litigato e afferrato quella corda trovata sul tavolo della cucina della donna perchè lei la utilizzava per tenere ferma una porta oppure per stendere», ha detto ieri mattina in conferenza stampa il dirigente della squadra mobile Roberto Di Benedetto, «ma una signora che dava una mano in casa, alla polizia ha detto di non aver mai visto quella fune. Di Salvo ne aveva una uguale nel bagagliaio della sua auto. Lui ha portato in casa quella fune per ammazzare. Ci ha detto che da maggio non si vedeva con la vittima perchè lei avrebbe voluto che la loro relazione fosse alla luce del sole, ma lui non voleva. E lei aveva minacciato di raccontare tutto alla moglie. «Durante quell’ultimo incontro hanno litigato, la donna lo avrebbe offeso. Per quello, accecato dalla rabbia, ha reagito. Ma la corda, portata in casa, racconta un’altra storia e dimostrerebbe la premeditazione». Voleva che lei tacesse per sempre. Ha nascosto la borsetta della donna a casa di una delle figlie, che è all’estero, e ha lasciato il cellulare della vittima nel portaoggetti lato conducente della sua auto, Prove schiaccianti, che lo avrebbero inchiodato anche se lui non avesse confessato. Ma lo ha fatto, davanti all’evidenza. •

Alessandra Vaccari

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