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Anziani legati, rapinati di ori e soldi

La villetta bifamiliare in via Prima Traversa Spianà dove abitano i coniugi Biondani rapinati ieri all’alba 
Luigi Biondani e Maria Righetti sono stati legati in casaLe Volanti hanno ritrovato l’auto rubata alla coppia FOTO MARCHIORI
La villetta bifamiliare in via Prima Traversa Spianà dove abitano i coniugi Biondani rapinati ieri all’alba Luigi Biondani e Maria Righetti sono stati legati in casaLe Volanti hanno ritrovato l’auto rubata alla coppia FOTO MARCHIORI
La villetta bifamiliare in via Prima Traversa Spianà dove abitano i coniugi Biondani rapinati ieri all’alba 
Luigi Biondani e Maria Righetti sono stati legati in casaLe Volanti hanno ritrovato l’auto rubata alla coppia FOTO MARCHIORI
La villetta bifamiliare in via Prima Traversa Spianà dove abitano i coniugi Biondani rapinati ieri all’alba Luigi Biondani e Maria Righetti sono stati legati in casaLe Volanti hanno ritrovato l’auto rubata alla coppia FOTO MARCHIORI

Erano in tre, incappucciati, armati di coltello. Hanno aggredito, prima la proprietaria di casa, l’ottantenne Maria Righetti, e poi sono saliti al piano di sopra, dal marito, Luigi Biondani, 84 anni. Rapina in una villetta in via Prima Traversa Spianà 8, nei pressi dello stadio Bentegodi. L’abitazione è una bifamiliare ben tenuta, con un ampio giardino, piante e fiori, infissi in legno e grate di aerazione sui marciapiedi che circondano l’edificio. Non è una villetta isolata, insiste tra alti grattacieli ed altre abitazioni, e da sulla strada. Erano le cinque e mezza di ieri mattina quando Maria si è alzata. È mattiniera la signora, da quando le è deceduto l’unico figlio che la coppia aveva. «Mi sono alzata e ho preso il latte in cucina, quindi sono scesa in taverna», dice la donna che assieme al marito e due nipoti che però abitano altrove, ci accoglie in casa. «Sono arrivata qui, indica la finestra del seminterrato e mi sono trovata davanti a tre persone che sono saltate dentro e mi hanno subito immobilizzato». Racconta la signora, seduta sulla cucina. Gli occhi gonfi per il pianto e la brutta esperienza. «Mi hanno detto che avevano fame. Io capendo che volevano rapinarmi ho subito detto loro dove tengo i soldi, e ho consegnato 300 euro. Ma loro mi hanno puntato un coltello alla gola, mi hanno detto di non urlare che sennò mi avrebbero ammazzato. E hanno alzato la televisione a tutto volume». Maria ricorda con lucidità ogni attimo vissuto. «Mi hanno legato stretto stretto i polsi e le gambe unite. Poi mi hanno imbavagliato e messo una benda sugli occhi, ma io da sotto qualcosa vedevo. Prima mi hanno chiesto chi c’era in casa con me, e io sperando che se ne andassero ho detto che c’erano mio marito e due figli. Ma non è vero, il nostro unico figlio è deceduto. Siamo soli. Speravo che se ne andassero». I malviventi hanno dunque lasciato Maria a terra, e sono saliti al piano di sopra, dove c’era Luigi a letto. «Mi si è spalancata la porta e mi sono trovato davanti due persone. Volevano sapere della cassaforte, mi hanno chiesto dov’era e la combinazione, ma io non la so, la sa mia moglie. Mi hanno legato soltanto le mani ed io ho pensato che dovevo raggiungerla per vedere se stava bene». Ma Luigi non è stato l’unico a preoccuparsi della salute della donna. Anche uno dei tre rapinatori era preoccupato per lei. «Ce n’era uno che faceva continuamente la spola tra il piano di sopra e quello di sotto. Lo vedevo arrivare perchè la sua torcia faceva un fascio di luce. Mi si avvicinava e mi sentiva il battito, sia toccandomi il collo che il polso. Mi diceva di stare tranquilla, mi diceva di deglutire. Di stare calma e ogni tanto mi spruzzava un po’ di acqua sul volto per tenermi sveglia». Un atteggiamento davvero «familiare», quasi che il malvivente, direttamente o indirettamente conoscesse la signora. E davvero temesse che potesse avere un malore fatale Viene facile pensare che chi è entrato nella villetta dei Righetti li avesse tenuti d’occhio, conoscesse bene gli ingressi vulnerabili della casa. La grata da cui sono passati, quella di aerazione che c’è sul marciapiedi, neanche si nota ad un primo sguardo, sopra c’erano tutti vasi di piante, prima che i malviventi li spostassero. E anche il dettaglio della preoccupazione nei confronti della salute della vittima, lascia andare il pensiero a qualche supposizione. Così mentre le due vittime vengono tenute sotto controllo, uno dei malviventi sale in mansarda, dove la coppia tiene la cassaforte. Inutile perdere tempo con la combinazione, Luigi dice di non conoscerla, Maria nel trambusto non la ricorda e quindi il malvivente con un flessibile taglia un angolo della piccola cassaforte a muro e riesce ad arrivare al contenuto, lo mette in un borsone e scende di nuovo. Non paghi, i rapinatori, aprono il garage, e con la Musa dell’anziano scappano via. «Sono riuscito a liberare mia moglie. Io avevo solo le mani legate, quindi sono sceso in taverna e l’ho trovata a terra. I banditi prima di andarsene avevano strappato il cavo del telefono fisso. Mi sono affacciato alla finestra dietro per gridare ai vicini, ma non mi sentivo e così ho allertato un’altra nostra vicina che ha poi chiamato il 113». I tre rapinatori sono rimasti nell’abitazione fino a quasi le sette. La Fiat Musa dell’anziano è stata trovata verso le 10 in corso Porta Nuova da una pattuglia delle Volanti. La targa dell’auto compendio furto era stata diramata all’alba. Quell’auto posteggiata negli stalli nei pressi dell’istituto Cangrande, ma troppo in avanti, fino ad invadere la pista ciclabile ha attirato l’attenzione della pattuglia che quindi ha scoperto l’auto rubata che stavano cercando. Sul posto sono stati subito chiamati i colleghi della Scientifica che hanno esaminato l’auto, quindi il carro attrezzi che ha portato l’auto in questura per permettere ai poliziotti di fare tutte le analisi del caso, per cercare di arrivare a qualche indizio da cui far partire le indagini. Sul caso indaga la squadra Mobile, che già in passato aveva risolto brillantemente la rapina avvenuta in zona Borgo Milano, sempre ai danni di una coppia di anziani. «Mi hanno detto che hanno ritrovato la nostra auto», dice Luigi, «almeno quella, perchè in cassaforte avevamo parecchio contante e anche molti gioielli, per quelli purtroppo il danno è maggiore, ed è anche affettivo. La nostra è stata una vita fatta di risparmi, io facevo l’operaio, in un’azienda di telefonia. Non siamo ricchi, adesso da rubare qui non c’è più niente», conclude. •

Alessandra Vaccari

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