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La storia della manager veronese

Anna e la scelta sofferta: «Ho una grave patologia ma mi sono vaccinata, non capisco chi può e non lo fa»

Anna Bonadiman
Anna Bonadiman
Anna Bonadiman
Anna Bonadiman

«Non voglio fare polemica, ma a chi non si vaccina una domanda la faccio: se me lo sono fatta pure io rischiando molto per la mia malattia, quale motivazioni ha in più un soggetto sano per rinunciare?».
Inizia così il racconto di Anna Bonadiman, manager veronese di 32 anni che lavora per una grande azienda a Zurigo e ha deciso di far conoscere a tutti la sua storia, che comprende una scelta difficile ma necessaria per aiutare sé stessa e tutta la comunità. Valutando rischi e benefici, come si sente ripetere dall’arrivo dei vaccini, anche se nel suo caso il rischio di reazioni con il siero anti Covid era molto più alto della maggior parte delle persone.
Anna cresce nella nostra città, poi si sposta a Milano per studiare economia e quindi di trasferisce sei anni a Londra, poi la nuova avventura a Zurigo in compagnia del marito. «Sette anni fa ho scoperto di avere una malattia ematologica autoimmune, non serve che ne spieghi i dettagli ma di certo non è una passeggiata, all’epoca sono stata in ospedale diversi mesi e oggi continuo la terapia farmacologica, oltre a dover fare analisi di controllo ogni mese», racconta la giovane donna che vive in Svizzera da circa un anno. 
In cura Quello di Anna è un quadro clinico delicato che la mette di fronte ad una serie di dubbi. «Con questa malattia il sistema immunitario è compromesso e potrebbero esserci reazioni inaspettate con il vaccino», è il pensiero non solo suo ma anche dei medici che la seguono. «Ho contattato vari specialisti con cui in questi anni di malattia ho avuto a che fare, nessuno ovviamente garantiva l’assenza di effetti indesiderati, tutti consigliavano di vaccinarmi ma dicendomi anche che comunque il rischio c’era». 
I primi studi su pazienti con situazioni particolari sono usciti infatti poco tempo fa e con casistiche comunque ancora molto basse. Quindi Anna rimane indecisa sul da farsi. «Ho cercato di ragionare in maniera molto pratica, mettendo sulla bilancia rischi del vaccino e del Covid», anche se la paura le resta addosso. Aspettavo, mi illudevo che tutti si sarebbero vaccinati confidando nell’immunità di gregge, in modo da permettere alle persone in condizioni fragili di scegliere cosa fare, ma troppi hanno rinunciato e l’immunità non è arrivata. Così mi sono decisa». 
Tanto coraggio La giovane manager riceve la prima dose a novembre, poi a dicembre la seconda iniezioni con il siero Pfizer. «Le mie analisi sono peggiorate parecchio nella settimana prima del Natale, e lì mi è tornata la paura. Poi per fortuna i valori sono rientrati e spero restino così a lungo» continua Anna.
A cui resta però l’amaro in bocca. «Penso che chiunque anche senza delle specifiche conoscenze scientifiche o mediche sia capace di valutare i rischi, quelli del Covid per chi è senza protezione vaccinale li conosciamo tutti ormai, dall’altra parte le statistiche confermano che i rischi per una persona sana di reazioni a causa del vaccino anti Covid sono ridotti al minimo. Credo sia giusto tutelare le diverse opinioni delle persone ma il limite è quello di non ledere gli interessi degli altri individui, e allora io mi chiedo: ma se l’ho fatto io che ho una situazione particolare, rischiando su me stessa per far del bene oltre che a me alla comunità, perchè non dovrebbe farlo una persona sana?». 

Luca Mazzara

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