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I Pro Vita e famiglia

Anche a Verona i manifesti choc contro l'aborto. Traguardi: «Subdola strumentalizzazione»

Il camion vela del movimento Pro Vita a Porta Vescovo
Il camion vela del movimento Pro Vita a Porta Vescovo
Il camion vela del movimento Pro Vita a Porta Vescovo
Il camion vela del movimento Pro Vita a Porta Vescovo

I Pro Vita e Famiglia tornano a far parlare di sé per alcuni manifesti choc contro l’aborto affissi in molte città italiane, tra cui anche Verona.

 

Questa volta protagonista della campagna dell’organizzazione è la pillola abortiva Ru486 e lo slogan è «Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486, mette a rischio la vita e la salute della donna e uccide il figlio nel grembo». L’immagine è quella di una donna sdraiata in terra appena avvelenata da una mela che aveva morso.

 

I maxi manifesti choc, come li ha definiti la stessa Pro Vita e Famiglia sono apparsi a Roma, Milano, Verona, Vicenza per denunciare l’aborto farmacologico con la campagna nazionale #dallapartedelledonne con l’obiettivo dichiarato di «risvegliare la conoscenza e le coscienze delle persone, perché non vengano raccontate falsità su questo farmaco tanto dannoso per le donne».

 

Dura la reazione di Traguardi: «La RU 486 è un metodo abortivo considerato sicuro ed efficace dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, e ormai utilizzato nella quasi totalità dei paesi dell'UE e del mondo» , commenta Caterina Bortolaso, consigliere di seconda circoscrizione con delega alle pari opportunità, «si tratta peraltro di un metodo introdotto in Italia già nel 2009, il cui utilizzo è stato recentemente esteso dalle linee guida del Ministro della Salute, fino alla nona settimana di gestazione (in linea con gli altri paesi UE) e senza necessità di ricovero. Decisione - continua Bortolaso - che costituisce semplicemente un passo di civiltà in quanto non comporta i rischi legati alle complicazioni possibili dell’intervento chirurgico (rottura dell’utero, lacerazioni del collo dell’utero, emorragie ecc.). Parlare di veleno è semplicemente una subdola strumentalizzazione» .

 

«Campagna sensazionalistica e colpevolizzante» , prosegue Beatrice Verzé, vice presidente di Traguardi, «sostenere le donne e essere dalla loro parte significa dare sostegno concreto attraverso nidi gratuiti, sostegno psicologico post partum, educazione sessuale nelle scuole e sistemi di maternità e paternità egualitari. Tutto il resto rimane esclusivamente nella sfera della libertà personale di scelta che la legge 194 ha a suo tempo finalmente concesso. È un diritto acquisito: facciamo in modo che venga esercitato in modo consapevole e in sicurezza» .

 

 

A livello nazionale, immediata e da più parti la richiesta di rimozione dei manifesti. La Rete Antiviolenza D.i.Re «pretende» la rimozione e tramite la sua presidente Antonella Veltri ricorda che «l’interruzione volontaria della gravidanza è legale in Italia in base alla legge 194/78, una legge fortemente voluta dalle donne e confermata da un referendum popolare per mettere fine alle tragiche conseguenze degli aborti clandestini».

 

La campagna viene definita «una provocazione vergognosa, offensiva e millantatrice» dalla Consigliera del Lazio Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Civica Zingaretti. «Non sono mai definitive» per la vicepresidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio Cinzia Leone, del Movimento 5 Stelle, «le vittorie delle donne, la gestione del proprio corpo, c’è sempre bisogno di ribadirle e mai abbassare la guardia». A suo dire il messaggio de manifesti «lede la dignità femminile e veicola un messaggio falso, violento e pericoloso».

 

Fuori dal coro la senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti, responsabile nazionale del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia: «Leggo che c’è chi grida allo scandalo» ma « il vero scandalo sono, invece, le decisioni prese dal ministro della Salute Roberto Speranza, nell’agosto scorso, con le nuove Linee Guida che consentono l’assunzione delle pillole anche al di fuori delle strutture sanitarie, una sorta di aborto fai da te, senza ricovero ospedaliero e, inoltre, allungando i termini di somministrazione».

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