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Oggi i funerali

Addio a Migiù Cartolari, la mitica segretaria di due direttori a L'Arena

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Migiù Cartolari con Giuseppe Brugnoli
Migiù Cartolari con Giuseppe Brugnoli
Migiù Cartolari con Giuseppe Brugnoli
Migiù Cartolari con Giuseppe Brugnoli

È stata la segretaria di due direttori de L'Arena, Formenti e Brugnoli. La ricordo per la serietà e la scrupolosità con cui svolgeva il proprio lavoro ma soprattutto per l'amabile cordialità con cui si rivolgeva a noi redattori nel ruolo di portaordini del comandante in capo. Discreta, nobile nei modi come lo era di famiglia, la Migiù, come tutti chiamavamo Maria Giulia Cartolari, di cui con grande tristezza abbiamo appreso la notizia della scomparsa (oggi alle 14,30 il funerale a San Giorgio in Braida), è stata per quasi trent'anni una figura imprescindibile, una presenza costante e affabile nella vita quotidiana del giornale.

A quei tempi il grosso della redazione, l'amministrazione e la tipografia de L'Arena erano a San Martino Buon Albergo, in un parallelepipedo di cemento che era stato una fabbrica di scarpe. La Migiù, dalla sua abitazione di borgo Trento raggiungeva a piedi la redazione di Cronaca che si trovava in piazzetta Municipio e qui attendeva l'auto navetta che la portava a San Martino. Alta, magra, elegante di un'eleganza sobria, nobile anche nella figura, era il sorriso (l'unico sorriso di donna) di un ambiente un po' austero, disadorno nella sua spartizione in compartimenti separati l'uno dall'altro da barriere di vetro. Dal suo ufficio adiacente a quello del direttore percorreva il lungo corridoio a passi silenziosi, ce la trovavamo davanti all'improvviso, ma a distanza di qualche metro, quasi non volesse disturbare il nostro lavoro di ingobbiti sulle monumentali macchine per scrivere che usavamo allora.

Il giornale non era come adesso, tutto tecnologia e computer. Le notizie nazionali e internazionali arrivavano tramite le telescriventi; i tipografi erano molto più numerosi di quelli di oggi; la composizione avveniva col piombo delle linotype, la stampa era un procedimento più complesso; i tempi tra una fase tipografica e l'altra erano molto lunghi. La Migiù ha vissuto in gran parte i tempi più romantici della vita del nostro giornale, quando dalla tipografia in fondo alle scalette e divisa dalla redazione da una lunga vetrata, alitava l'odore caldo del piombo. Niente sapevamo della sua vita privata, se non che qualche estate trascorreva le vacanze alle Seychelles a casa di amici veronesi.

La Migiù resta un'icona dei tempi antichi (ma pur così vicini, del nostro giornale: la rivoluzione tecnologica è stata sorprendentemente rapida), tempi, se vogliamo, anche eroici. Ricordo una notte in cui L'Arena rischiava di non essere stampata a causa di un fulmine che aveva colpito una centralina dell'Enel. Il direttore Formenti, quasi che il suo apporto fosse fondamentale, seguì sul posto i lavori di ripristino e rientrò in redazione trionfante. Altri tempi, ma bei tempi, quando far uscire il giornale in edicola poteva essere un'avventura. Se uno sciopero veniva revocato era la Migiù a telefonarci a casa (allora non esistevano ancora i cellulari) per avvisarci. Ci trovava di persona o lasciava detto. Dallo squillante e allegro tono della voce si capiva che pensava di darci una buona notizia, e forse buona lo era effettivamente per alcuni ma non per tutti. È pensando alla cara Migiù che oggi avverto ancora l'odore caldo del piombo e ricordo quell'epoca pionieristica come la più intensa della mia vita a L'Arena, in quel luogo della zona industriale di San Martino che di per sé era già un'avventura, quando soprattutto il muro della nebbia lo separava dalla città e per raggiungere la redazione senza rischiare di perdersi nella campagna si doveva guidare con la testa fuori dal finestrino. Era un altro mondo, una sorta di isola a cui approdavamo ogni giorno per poi lasciarla a notte fonda quando cominciavano a girare le rotative. 

Silvino Gonzato

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