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I consigli dell'esperto

A cena con il green pass rubato: viaggio fra i trucchi dei No vax per «rubare» il certificato verde

Sono migliaia le persone che non sanno che stanno condividendo file privati, tra cui i green pass
Sono migliaia le persone che non sanno che stanno condividendo file privati, tra cui i green pass
Sono migliaia le persone che non sanno che stanno condividendo file privati, tra cui i green pass
Sono migliaia le persone che non sanno che stanno condividendo file privati, tra cui i green pass

C’è chi allunga soldi all’infermiere che sta per fargli il vaccino. Cifre impegnative, fino a mille euro, per non farsi vaccinare. C’è chi si presenta al box, fa l’anamnesi e poi cerca di scappare dall’hub vaccinale prima che l’iniezione sia stata eseguita. C’è chi va in farmacia e chiede al dottore di essere inserito nel sistema come positivo in modo di poter poi fare il molecolare e risultare negativo e avere dunque il green pass.

Sono innumerevoli gli stratagemmi più o meno complessi scovati da chi è contrario al vaccino per sfuggire all’obbligo di esibire il Green pass. Senza arrivare all’uomo che si è presentato ai vaccini con un arto falso, la casistica di chi le tenta tutte per avere il Green pass senza essere vaccinato o essere stato contagiato, vede escamotage di ogni tipo.

Espedienti. C’è persino chi è disposto a pagare per frequentare persone contagiate per ammalarsi e quindi ottenere il green pass senza essere sottoposto a vaccinazioni. Tutto pur di avere la sempre più necessaria carta verde. E c’è anche chi i green pass li ruba e ciascuno di noi può essere un involontario e incolpevole «spacciatore» di green pass. Basta che abbia installato una nota piattaforma digitale, usata, fino a qualche anno fa per scaricare film o libri, in completa violazione delle leggi che regolamentano il diritto d'autore e a rischio di essere perseguito penalmente. Oggi la merce rara, per tanti che non si vogliono vaccinare, non è l'ultimo successo cinematografico, bensì il certificato verde che ti permette di andare al bar, ristorante, cinematografo o bus.

Abbiamo chiesto ad Alessio Pennasilico, security evangelist ethical hacker, come si definisce, di darci una mano a penetrare, in sicurezza, in un programma che non è vietato scaricare. Semmai è l'uso improprio del programma che potrebbe far passare qualche guaio. E già partendo dalla definizione che Pennasilico si da, capiamo che siamo in compagnia di un hacker “buono“. La piattaforma «Faccio un esempio», ci spiega l'esperto veronese che lavora, coordinandolo, con un team di 450 persone, occupandosi principalmente di risolvere problemi dopo un incidente di hackeraggio, «usare l'auto per andare al lavoro non è reato. Usarla per trasportare droga lo è. Così è per questa nota piattaforma. Installarla non è reato, anche se installarla su un Pc aziendale violerebbe il carattere di sicurezza, perchè è come aprire la porta di casa a milioni di sconosciuti».

Cosa che confermiamo, visto che anche i nostri tecnici aziendali sono rabbrividiti quando abbiamo chiesto loro di poter installare il noto programma peer to peer per fare questo servizio giornalistico. «Il problema è», aggiunge Pennasilico, «che soprattutto per chi non ha dimestichezza, nel momento in cui scarica il programma, se dimentica, o non sa, che deve spuntare ciò che desidera condividere, condivide tutto quello che c'è nel suo hard disc».

Ed eccole qui le schermate che ci passano davanti agli occhi. Si apre un mondo. Un universo fatto di dati. Altrui. Ed osservando l’esperto al lavoro ci rendiamo conto di quanti di noi, abbiano tra le mani una navicella spaziale senza aver neanche la patente per l’auto. Quanti e quali insidie ci siano dentro ad un Pc per la maggior parte di noi, cui è stato dato per piacere o per lavoro, senza che nessuno mai ci abbia spiegato i rischi. Nella luce azzurrognola dello schermo si susseguono file. Pennasilico individua anche la marca di computer che hanno in dotazione quegli sconosciuti che potrebbero essere in qualsiasi parte del mondo. Anche dentro casa nostra.

Ed eccoli comparire: migliaia di green pass, perchè moltissimi di noi, convinti di metterlo al sicuro ha archiviato il proprio certificato di vaccinazione sul Pc. Quindi chiunque poi abbia scaricato questo programma senza la famosa «limitazione» di condivisione, può vedersi rubare il green pass, e pure tutti gli altri dati, tipo le password, quelle messe lì, nella scatola di metallo, «per sicurezza».

E ce ne sono davvero migliaia di green pass, c'è pure un numerino accanto, "quantità" che indica quante volte quel file sia stato condiviso e quindi si riesce a capire che per esempio il green pass di tale Luigi è stato condiviso 13 volte quello di Luisa tre e via così. «Scaricare ed utilizzare il green pass di altri è reato. Ma nel 90 per cento dei casi, se scarichi un foglio vaccinazione con l'età simile a quella che dimostri, nessuno verrà mai a chiederti i documenti entrando in un luogo pubblico, fatta eccezione per le forze dell'ordine. Ma se uno vuole delinquere, quante possibilità ha di essere scoperto?».

E ancora: c'è chi in programmi come questo entra proprio per commettere reati. Quindi si trovano anche accattivanti voci tipo «Genera il tuo green pass». Ai più sprovveduti verrebbe istintivo crearsi un green pass ex novo, per evitare che sia stato “sovrautilizzato“. «Ecco», spiega Pennasilico, cambiando velocemente schermate condivise durante una telefonata a tardissima sera, dopo esser rientrato dal lavoro, «di questi file, il 9,9% se li scarichi sul tuo Pc, te lo infettano di virus attraverso i ransomware, ti rubano ogni dato, identità. Nella maggior parte dei casi, con le grosse aziende poi chiedono riscatti. È successo a multinazionali, ma anche ad alcune Regioni italiane, ad ospedali. Hacker non etici, sono davvero in grado di mettere in ginocchio un sistema». Ora va per la maggiore scaricare i green pass di altri, e qui nella piattaforma, è come andare a pescare in una cava. Ah, per inciso, abbiamo utilizzato la App VerificaC19. I green pass scaricati funzionano tutti

Alessandra Vaccari

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