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Veneto, Tosi: «Indipendenza
risposta a malessere»

Il sindaco Flavio Tosi al centro dell'attenzione mediatica e politica dopo la polemica con Report di RaiTre
Il sindaco Flavio Tosi al centro dell'attenzione mediatica e politica dopo la polemica con Report di RaiTre
Il sindaco Flavio Tosi al centro dell'attenzione mediatica e politica dopo la polemica con Report di RaiTre
Il sindaco Flavio Tosi al centro dell'attenzione mediatica e politica dopo la polemica con Report di RaiTre

VENEZIA.  Il risultato che sta riscuotendo il referendum on line per la secessione del Veneto «è una risposta al malessere dei cittadini»: lo dice il sindaco Flavio Tosi. Per l’esponente del Carroccio, ospite su Canale 5 de ’La telefonata di Belpietrò «Roma non vede l’inesorabile fallimento del Paese», l’urlo di rabbia che viene «da quella parte produttiva del Paese che non ne può più e
aderisce a questa protesta contro lo Stato centrale».
Per Tosi non è una questione di secessione, quanto, semmai,
«di voler forzare la mano nei confronti di uno Stato che sa solo
aumentare le tasse».

ZAIA. A volere l’indipendenza del Veneto è soprattutto il «popolo». Il movimento che «da decenni» chiede la separazione netta di Venezia e dintorni dal resto d’Italia non nasce «dalle segreterie di partito», ma dalla società civile, che va «rispettata». Ecco dunque, che oltre a referendum on line e gazebo, comincia a muoversi anche la macchina istituzionale: «c’è una legge in discussione al Consiglio regionale per l’indizione di un referendum consultivo: ci stiamo impegnando per portarla avanti e votarla e diversi consiglieri trasversali si dicono disponibili ad approvarla».
Il presidente del Veneto, Luca Zaia, parla di indipendenza «totale» per la sua Regione. L’occasione è un incontro con i giornalisti della stampa estera a Roma. Preferisce non fare paragoni tra il caso della Crimea («non conosco bene la situazione, dovrei approfondire») e il Veneto, ma «prende atto del loro referendum» e sottolinea che «nel momento in cui un movimento avviene nell’alveo della democrazia, rispettando le regole e i cittadini» è positivo.
Nel caso del Veneto, «ci sono oggettivi problemi di compatibilità con la Costituzione - confessa, andando al nocciolo della questione - ma il diritto internazionale ci dà ragione sul fronte dell’autodeterminazione e sulla possibilità di fare il referendum». Zaia sa che «non sono percorsi facili» e che i tempi non saranno brevi («non sarà indetto prima dell’anno»): «Per approvare il progetto di legge - avverte - ci vogliono 31 voti su 60 consiglieri. Immagino che poi il Governo impugnerà la legge, dirà che è incostituzionale, e il Veneto ricorrerà». Ma per una Regione «che paga le tasse e lascia allo Stato 21 miliardi di euro per la quota di solidarietà e sussidiarietà» e che «non ha i tempi di Roma, rimasta all’antica Roma», il suo Governatore vuole di più.
Zaia guarda agli esempi di Scozia e Catalogna. «Il movimento indipendentista del Veneto - assicura - è trasversale, va al di là delle classi sociali». Non è neanche un movimento di destra, sottolinea Zaia, perchè ci sono persone «di sinistra» che lo sostengono. «Ci sono tanti sondaggi che girano - dice - è probabile che oltre la metà dei veneti voterebbe sì al referendum. Ci sono due motivazioni: la voglia di uscire dalla crisi e il tema culturale». Certamente, aggiunge, l’indipendentismo sarà uno degli argomenti da discutere in vista delle amministrative del 2015.
Rivolgendosi ai cronisti, Zaia ammette di aver partecipato alla consultazione online di Plebiscito.ue e di aver votato «sì» all’indipendenza della Regione. Ha chiarito che se sarà indetto il referendum consultivo sarà per un’indipendenza «totale» («è un concetto giuridico chiaro»), «altrimenti è autonomia e federalismo». Ma sul nome che avrà la nuova entità «non ha la più pallida idea. Faremo un referendum» per deciderlo, conclude sorridendo.
MAROTTA (IDV). È solo un «sondaggio», e non un vero «referendum», seppur on line, quello sull’immaginaria indipendenza del Veneto promosso da «plebiscito.eù» secondo il consigliere regionale dell’Idv Gennaro Marotta. «Anche confidando nelle cifre comunicate dagli organizzatori, molto robuste - afferma Marotta - questo rimane solo un sondaggio. Punto». «Secondo le statistiche più aggiornate - prosegue Marotta - sono circa 3 milioni nel Veneto le persone che hanno accesso a internet. Un terzo di queste si sarebbe preso la briga di andare su quel sito per partecipare ad un sondaggio di parte?». «Sulla questione non ci dobbiamo allontanare dalla legalità, dalla necessità di passare da procedure certe e controllate. Non possiamo - dice Marotta - prescindere dalla Costituzione in vigore, secondo la quale la nostra nazione è una e indivisibile. Siamo per un grande Veneto all’interno di una grande Italia, che noi di Italia dei Valori vogliamo resti unita».
RUBINATO (PD). La deputata del Pd Simonetta Rubinato si dice contraria al progetto di indipendenza del Veneto sostenuto con un referendum dal movimento «Plebiscito.eu», ma afferma di non essere «sorpresa dell’ampia partecipazione che il referendum sta raccogliendo tra la gente». «Quello che mi sorprende, invece, - osserva - è che per l’ennesima volta la politica tradizionale rischia di sottovalutare un segnale forte di disagio espresso da una regione che, per storia, dignità, nonchè contributo al gettito fiscale del Paese, vuol contare di più». «Facciamo in modo che - prosegue Rubinato - il disagio espresso dai veneti trovi una soluzione rapida e concreta attraverso il riconoscimento alla nostra Regione dell’autogoverno, sull’ esempio di quanto hanno ottenuto i nostri vicini di Bolzano e Trento».
«Il Veneto ha una storia importante alle spalle - conclude - e in un momento di globalizzazione e di grave crisi economica e sociale sente il bisogno di riaffermare la propria identità. È un fenomeno quasi fisiologico, ciò che conta è che non esprima in una identità divisiva ed escludente, ma piuttosto di quella storia sappia recuperare anche la visione cosmopolita che ebbe Venezia nella sua esperienza repubblicana. La massiccia partecipazione al referendum di Plebiscito può dare però una salutare scossa alla politica contro il neocentralismo imperante, ma anche a chi pensa di strumentalizzare il disagio a scopi elettoralistici, come sta facendo la Lega che, nonostante sia al governo della Regione, radicalizza lo scontro dopo aver fallito l’obiettivo del federalismo soltanto per la conquista del potere».

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