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Tra video spariti e fatti inventati. Ecco tutti i dubbi dell'inchiesta

RETROSCENA. Il settimanale «L'Espresso» ricostruisce la vicenda umana e giudiziaria di Scaroni. La vittima: «Ci davano i colpi impugnando i manganelli al contrario per far più male»

 Una delle numerose manifestazioni degli amici di Paolo Scaroni per chiedere giustizia
Una delle numerose manifestazioni degli amici di Paolo Scaroni per chiedere giustizia

 Una delle numerose manifestazioni degli amici di Paolo Scaroni per chiedere giustizia
Una delle numerose manifestazioni degli amici di Paolo Scaroni per chiedere giustizia

È un'inchiesta con tanti, troppo misteri quella delle lesioni gravissime, riportate da Paolo Scaroni, il tifoso del Brescia dopo la partita con il Verona del 24 settembre 2005. Ne ha parlato L'Espresso in edicola questa settimana con un articolo di Paolo Biondani ma i buchi di questa inchiesta erano già stati raccontati più volte su queste colonne durante le fasi dell'indagine durate 5 anni.
Ci sono, prima di tutto, i filmati che "stranamente" si bloccano al momento del pestaggio del giovane. Ci sono le relazioni dei funzionari di polizia, smentiti da altri testimoni sentiti dal commissario Margherita T. così come viene riportato nell'articolo del settimanale.
Eppoi c'è la testimonianza di Scaroni. «La mia storia è simile a quella di Federico Aldrovandi (il giovane ucciso dai poliziotti a Ferrara ndr)», ha spiegato il tifoso del Brescia all'Espresso, «ma la differenza è che io sono ancora vivo e posso parlare anche se ho perso la memoria dei primi vent'anni di vita». Si ricorda, invece, di quel 24 settembre 2005: «Erano almeno in quattro i celerini con i caschi (con ogni probabilità della questura di Bologna ndr).
Mi urlavano: bastardo. Picchiavano con i manganelli all'incontrario per farmi ancora più male». Poi il buio.Il coma durato fino al 30 ottobre quando a sorpresa si risveglia dopo quei colpi «sempre e solo alla testa». Lo dicono i certificati medici «tutti molto pesanti» dice chi li ha letti. Ma ci sono i suoi amici che le domeniche, successive agli scontri, arrivano sotto le finestre della rianimazione di borgo Trento ad incoraggiare Paolo con cori e striscioni. Nel frattempo, continuano le indagini. C'è il commissario Margherita T. che non molla. Ascolta i macchinisti dei treni di quel giorno.Poi sente quattro agenti della Polizia ferroviaria. E anche i colleghi della Digos di Brescia. Tutte deposizioni che sotterrano le conclusioni del funzionario della questura.
L'occupazione del primo binario dei tifosi del Brescia? «Mai avvenuto», dicono i testimoni. Gli scontri? «I disordini sono cominciati solo quando la celere ha lanciato lacrimogeni dentro uno scompartimento». E Paolo chi l'ha picchiato? «Sono stati gli ultras del Verona», recita l'informativa della polizia. Ma in stazione c'erano solo agenti e tifosi del Brescia.
Allora chi ha rovinato la vita per sempre a Paolo?

Giampaolo Chavan

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