<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il furto di Castelvecchio

Quadri rubati,
il pasticcio diventa
internazionale

Il premier ucraino Poroshenko con i quadri rubati
Il premier ucraino Poroshenko con i quadri rubati
Il premier ucraino Poroshenko con i quadri rubati
Il premier ucraino Poroshenko con i quadri rubati

Più che ad un intrigo assomiglia sempre più a un pasticcio internazionale il caso delle 17 opere d’arte razziate, il 19 novembre scorso, dal museo di Castelvecchio e ora nelle mani del presidente ucraino Petro Poroshenko. E tutto lascia pensare che, nonostante le rassicurazioni del sindaco Flavio Tosi che nei giorni scorsi ha avuto un colloquio con il premier Matteo Renzi a Palazzo Chigi, ci resteranno ancora per un po’.

Nel tentativo di sbrogliare la matassa, intanto, la deputata veronese del Pd Alessia Rotta ieri ha incontrato, a Palazzo Chigi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti. «Mi ha assicurato che cercherà di capire quali sono i motivi del ritardo nella riconsegna dei quadri» fa sapere la parlamentare.

In Ucraina, nascoste in sacchi di plastica fra la boscaglia dell’isola di Turunciuk sul fiume Dnestr, le tele di Tintoretto, Pisanello, Mantegna e Rubens erano state trovate il 6 maggio. Gran parte della banda italo-moldava che aveva messoa segno il colpo era intanto finita dietro le sbarre.

Ma il fatto che le autorità ucraine avessero dato l’annuncio del ritrovamento alcuni giorni dopo, quando gli investigatori italiani avevano lasciato il Paese, a qualcuno fece nascere il sospetto che il presidente Poroshenko, alle prese con un sanguinoso conflitto interno con la minoranza russofona, volesse giocare questa carta sullo scacchiere internazionale. Cosa che è puntualmente avvenuta. Tanto da costringere il sindaco Flavio Tosi, nei giorni scorsi, a scrivere all’ambasciatore ucraino a Roma, invitandolo a intervenire per sollecitare la restituzione dei dipinti tra fine luglio e inizi di agosto.

Con questa iniziativa diplomatica, Palazzo Barbieri tenta di sbloccare una situazione di stallo che non si è sbloccata nemmeno dopo il colloquio al recente vertice della Nato a Varsavia tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e lo stesso Poroshenko. Colloquio di cui Renzi ha poi personalmente informato Tosi. Alcune settimane prima il sindaco scaligero, insieme alla senatrice Patrizia Bisinella, sua compagna, aveva partecipato a Kiev all’inaugurazione della mostra, svoltasi anche con il benestare del ministro ai Beni culturali Dario Franceschini, dei 17 quadri di Castelvecchio sui «Tesori salvati dell’Italia».

In quella circostanza aveva consegnato al presidente ucraino la pergamena che ne attesta la cittadinanza onoraria veronese. Un’espressione di «riconoscenza» aveva detto Tosi nel corso di una burrascosa seduta del Consiglio comunale.

Oltre alla cittadinanza onoraria a Poroshenko, la Giunta comunale aveva deciso di aprire le porte gratuitamente, fino al 31 dicembre, di musei e siti storici scaligeri a tutti gli ucraini di passaggio nella nostra città. Ma tutto ciò, finora, non è servito a dare un’accelerazione alla pratica. E a Tosi non è nemmeno servito invitare il leader ucraino ad accompagnare personalmente i quadri e ad assistere a uno spettacolo lirico in Arena. E a due mesi e mezzo dal loro rinvenimento ai confini con la Transnistria, le 17 opere trafugate dal museo veronese, che dovevano rientrare ai primi di luglio, sono ancora in Ucraina. Lo scoglio, a quanto pare, è di natura prettamente diplomatica. Poroshenko vorrebbe infatti consegnare le preziose tele direttamente nelle mani del premier Renzi. E quest’ultimo, ricevendo Tosi a Palazzo Chigi, ha dato la propria disponibilità. Ma far coincidere le agende dei due leader non è facile. Per questo Tosi, all’ambasciatore Yevhen Perelygin ha proposto, come abbiamo anticipato ieri, di organizzare subito il rientro dei quadri, per procedere in un secondo tempo con la cerimonia ufficiale.

La Procura di Verona, intanto, tramite il sostituto procuratore Gennaro Ottaviano, titolare dell’indagine sulla «rapina del secolo», ha chiesto la collaborazione di Eurojust, l’unità di cooperazione tra nazioni che ha la funzione di agevolare l’esecuzione degli strumenti internazionali di cooperazione giudiziaria. Va ricordato infatti che i capolavori di Castelvecchio sono stati trovati grazie anche alle informazioni dettagliate fornite da Eurojust alla polizia ucraina.

E quindi la trattativa continua a viaggiare su due canali: quello diplomatico tra le ambasciate e i governi nazionali e quella invece della magistratura, anche se la seconda è stata messa in secondo piano dalla politica.

Però non va mai dimenticato che stiamo parlando di 17 opere d’arte rubate e ritrovate, quindi tecnicamente si tratta di «refurtiva» o se si preferisce di «corpo del reato» che dovrebbe essere riconsegnato quanto prima ai legittimi proprietari. E al museo di Castelvecchio tutto è pronto per l’attesa festa di ritorno, anche se finora ai muri ci sono solo le riproduzioni con la scritta «ritrovato». Così come sono rimasti vuoti i cavalletti che l’Arma dei Carabinieri, nucleo per la tutela del patrimonio, aveva preparato per le tele di Castelvecchio da esibire nella mostra romana sui tesori ritrovati.

Di «vicenda gestita male fin dall’inizio» parla infine il deputato 5stelle Mattia Fantinati. «La dottoressa Paola Marini aveva dichiarato in qualità di perito, già lo scorso 27 maggio, che le tele avevano danni non gravi ma diffusi ma solo adesso Tosi, nel suo sollecito all’ambasciatore, si ricorda dell’urgenza del restauro. Siamo di fronte», conclude, «all’ennesima figuraccia che mette in cattiva luce Verona».

Enrico Santi

Suggerimenti