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L’INTERVISTA a Rappuoli, scienziato microbiologo

Passa da Verona il «bazooka» contro il Covid-19. Tra qualche mese in Italia il farmaco che guarisce in pochi giorni chi è malato

Rino Rappuoli, scienziato microbiologo
Rino Rappuoli, scienziato microbiologo
Rino Rappuoli, scienziato microbiologo
Rino Rappuoli, scienziato microbiologo

Se nel 2021 riusciremo a sconfiggere la pandemia del Covid-19 lo dovremo a tutte le armi in arrivo e tra queste non ci sono solo i vaccini ma anche gli anticorpi monoclonali che stanno entrando nella fase di sperimentazione clinica anche all’università di Verona.

 

Si tratta di un «bazooka» contro il virus, di cui si è parlato molto nel caso di Trump, ristabilitosi in poco tempo dal Covid-19, ma su questi anticorpi in Europa sono in pochissimi a fare ricerca e in Italia praticamente c’è un solo soggetto che sta coordinando atenei e centri di scientifici.

 

Un farmaco che cambierà completamente l’approccio all’infezione che ci sta mettendo in ginocchio, perché, come spiega il professor Rino Rappuoli, scienziato microbiologo direttore scientifico della Divisione Vaccini di GSK e direttore del laboratorio di Toscana Life Sciences a Siena che ha isolato gli anticorpi più potenti al mondo e riuscirà a produrli su scala industriale per l’Italia, consentono di curare subito chi è malato facendolo guarire in pochi giorni e garantendogli copertura per sei mesi.

 

«La differenza è questa - spiega Rappuoli a L’Arena- : il vaccino ha bisogno di due somministrazioni a distanza di circa tre settimane e poi dà copertura dopo 15 giorni, quindi servono 45 giorni per una persona sana prima di essere garantita da una protezione efficace. Nel frattempo per gli infettati cosa si può fare? Ecco l’importanza degli anticorpi monoclonali che sono complementari al vaccino e che permettono di intervenire sulle persone malate».

 

Quindi professore che 2021 ci dobbiamo aspettare per questa pandemia?
Il 2021 dovrebbe essere l’anno in cui cominciamo a controllare la pandemia. Nel 2020 l’abbiamo affrontata con gli stessi strumenti che si usavano nel medioevo: distanza sociale, quarantena e protezioni come le mascherine. La scienza nel frattempo ci ha dato gli strumenti per combatterla con armi all’altezza dei nostri tempi. Questi strumenti sono i vaccini che ieri hanno fatto la loro entrata trionfale in Italia e ora cominceranno ad arrivare in forti quantitativi per cui le persone più a rischio (personale sanitario e anziani) nel giro di qualche mese dovrebbero essere protette. Questo porterà a una diminuzione della mortalità. Le persone vaccinate cresceranno e poi grazie all’estate e ai nuovi vaccini affronteremo l’autunno con una buona fetta di popolazione immunizzata e potremo riguadagnarci la libertà che il virus ci ha tolto.

Che armi avremo?
I primi vaccini sono quelli a Rna, genetici di nuova generazione che normalmente sarebbero entrati in commercio, per il particolare tipo di nuova tecnologia, tra sette, dieci anni e per questa pandemia sono stati accelerati moltissimo e sono già in uso. Tra qualche mese ne avremo altri come quelli fatti su vettori virali tipo Oxford Astrazeneca, poi arriverà quello italiano di ReiThera che è in fase clinica, poi quello di Johnson & Johnson e verso metà anno arriveranno i vaccini più tradizionali e molto efficaci basati su proteine ricombinanti più adiuvanti che sono i vaccini che conosciamo bene. Con questi tre tipi diversi di vaccino dovremmo essere in grado di coprire gran parte della popolazione. E poi dalla metà del 2021 ci saranno gli anticorpi monoclonali.

Come funzionano questi anticorpi monoclonali? E a chi vengono somministrati?
Ogni giorno abbiamo tante persone che vengono infettate e questo continuerà per un bel po’: prima di arrivare a zero infettati saremo nel 2022. Per questo gli anticorpi monoclonali si affiancano ai vaccini: i vaccini servono a prevenire l’infezione e sono somministrati alle persone sane per evitare che si contagino ma non sono utili se la persona è già malata. In questo caso ci vogliono le terapie ed è qui che arrivano gli anticorpi monoclonali che possono essere dati a chi è già infettato. Se vengono somministrati subito dopo la positività al tampone, questi anticorpi sono in grado di far guarire i malati in due, tre giorni, per cui non finiscono in ospedale nè in terapia intensiva: si evita di morire di Covid.

Da dove vengono ricavati?
Dagli anticorpi di chi ha già avuto la malattia. In questo modo li diamo direttamente ai pazienti malati che guariscono e sono immediatamente protetti. Chi si fa il vaccino dopo 3-4 settimane dovrà fare la seconda dose e poi l’effetto protettivo partirà dopo 15 giorni. Con gli anticorpi monoclonali presi oggi, sei protetto già da domani, per cui in teoria sarebbe possibile utilizzare gli anticorpi monoclonali in un primo tempo e poi sottoporsi a vaccinazione.

La copertura?
È l’altra differenza: i vaccini danno copertura dopo 45 giorni, ma poi durerà anni. Gli anticorpi danno copertura immediata, durano sei mesi e poi l’effetto è finito.

È partita la sperimentazione clinica?
Non ancora, stiamo per iniziare la fase 1, coordinata dall’Istituto Spallanzani a Roma e verrà svolta a Roma e all’università di Verona. Per la fase 2 verrà fatta in 8-10 centri in Italia, sempre coordinata dallo Spallanzani e sono centri da selezionare ancora. In Italia a livello di università ci sono alcuni centri che hanno la capacità di isolare gli anticorpi monoclonali potentissimi tra i più potenti al mondo, ma poi per svilupparli e portarli a livello industriale e in prove cliniche siamo tra i pochissimi in Europa. Stiamo lavorando con il ministero della Salute e il commissario straordinario Arcuri per dare la precedenza ai pazienti italiani.

Come avverrà la somministrazione? Andremo in farmacia a comprare il prodotto, la siringa?
Mentre tutti gli altri anticorpi monoclonali compresi quelli dati a Trump possono essere utilizzati solo in ospedale perché vengono somministrati in infusione endovenosa, con una flebo di ore, noi abbiamo isolato anticorpi monoclonali molto potenti che possono essere somministrati con una iniezione. Quindi in teoria possono essere assunti a casa. Ma questa fase è tutta da discutere con il ministero della Salute che li gestirà. •

Maurizio Battista

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