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DIRETTA VERONA

Don Mazzi: «I bulli?
Servono educatori
per le strade»

Don Antonio Mazzi a Diretta Verona
Don Antonio Mazzi a Diretta Verona
Don Antonio Mazzi a Diretta Verona
Don Antonio Mazzi a Diretta Verona

«Come fermare i bulli? Una volta c'era l'oratorio, ora non più: troppo pochi preti giovani, formati magari anche in seminario su questi temi. Ma Papa Francesco ci dice di uscire dalle chiese: servirebbero educatori che vadano per le strade, a parlare con loro, direttamente nei luoghi dove si ritrovano». E’ semplice, tutto sommato, la “ricetta“ di Don Antonio Mazzi contro il fenomeno che, anche a Verona, tiene banco in questi giorni sulle pagine dei giornali: «Se non dovessi andare a Milano, ci andrei io stesso, domani, davanti al Mc Donald», dice il prete veronese a «Diretta Verona», la trasmissione condotta da Mario Puliero che Telearena ha dedicato a questo tema.
Studenti che, in classe, filmano l'insegnante e lo denigrano sui social. Che si prendono a pugni o infastidiscono i passanti. Ragazzine che offrono prestazioni sessuali in cambio di una ricarica telefonica. Di questo hanno parlato, oltre a Don Mazzi, il neuropsichiatra infantile Franco Pajno Ferrara, la psicologa e sessuologa Giuliana Guadagnini, il giornalista Alfredo Meocci, l’esperto di comunicazione digitale Salvatore Russo e il direttore de L'Arena, Maurizio Cattaneo. 
E’ proprio quest’ultimo a intavolare il tema: «Tutto è partito da una lettera al giornale L’Arena: dopo il primo articolo, è partito un tam tam di segnalazioni e di denunce da parte di genitori e ragazzi. In questo senso, che se ne parli è un bene». La riprova arriva subito, da un giovane in collegamento dalla Biblioteca Frinzi dell'università: «Alle medie ero grassottello e timido, a scuola mi insultavano e mi picchiavano nei corridoi». Conferma una ragazza, che racconta l'esperienza di un'amica, presa di mira per l'acne non solo dai maschi: «I ragazzi si limitavano a fare delle caricature, le femmine la incitavano addirittura al suicidio via sms». 
Secondo Russo, però, Internet e i social non vanno demonizzati: «Sono solo uno strumento», dice, «bisogna educare i giovani a usarlo correttamente».
E a proposito di bulli, Pajno Ferrara offre un punto di vista inedito: «Non pensiamo a loro come a giovani cattivi: dietro questo comportamento c'è una grande sofferenza. Hanno paura dell'abbandono, dell'emarginazione sociale». Secondo Alfredo Meocci, infatti, «questa è la società del pensiero debole. Dobbiamo ritrovare la nostra umanità, perché i ragazzi crescono con il "fertilizzante elettronico"». 
E il risultato sono i numeri che cita Giuliana Guadagnini: «Ogni giorno riceviamo 50 mail con segnalazioni di disagio tra gli adolescenti. Non solo bullismo, ma anche disturbi correlati: autolesionismo, disturbi alimentari». 
Ma di chi è, se c’è, la responsabilità? Secondo Don Antonio, «va ripensato l'impianto della scuola media: cinque ore fermi sui banchi a quell'età, in piena adolescenza, sono troppe. E poi i ragazzi, oggi, non hanno interessi. Come educatori dovremmo indirizzarli verso passioni positive: musica, sport, teatro». «Non si può demandare tutto alle forze di polizia», aggiunge il comandante della polizia municipale Luigi Altamura, impegnato con i suoi agenti a pattugliare le vie del centro. «Famiglie e docenti devono fare la loro parte. Anche denunciando. Sbagliatissimo che un genitore liquidi questi comportamenti come bravate. Certi ragazzi, quando li identifichiamo singolarmente, spesso si sciolgono in pianto. Bisognerebbe far loro capire prima che le minacce non sono tollerabili»

Elisa Pasetto

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