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L'appello

«Vogliamo aiutare Lorena, ma la burocrazia ci sta fermando»

Lorena Yap e il marito Luca Stella in una foto di alcuni mesi fa
Lorena Yap e il marito Luca Stella in una foto di alcuni mesi fa
Lorena Yap e il marito Luca Stella in una foto di alcuni mesi fa
Lorena Yap e il marito Luca Stella in una foto di alcuni mesi fa

NOGARA - Lorena è sempre più malata. E l’assenza di un visto turistico le impedisce di riabbracciare il fratello che non vede da 10 anni. A Nogara, è durata appena qualche mese la felicità per Lorena Yap, l’ex suora 47enne di origini filippine che da alcuni anni combatte contro la sclerosi multipla, una terribile malattia neurodegenerativa, e di suo marito Luca Stella che l’affianca con amore e generosità nella sua battaglia quotidiana. La gioia di aver potuto acquistare, lo scorso giugno, un furgone Renault Kangoo attrezzato per il trasporto della donna, finanziato con una gara di solidarietà indetta da amici della coppia, è stata infatti soppiantata dalla tristezza.

Tutto ciò a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute della 47enne, a cui si sono aggiunte nelle ultime ore anche le difficoltà create dalla burocrazia, che ha negato al 42enne Jerome Yap, uno dei sette fratelli di Lorena, il visto per entrare in Italia ed accudire la sorella.

«Purtroppo», evidenzia sconsolato Stella, «la sclerosi si è diffusa anche agli arti superiori, costringendo Lorena a rimanere sempre a letto». «Avevamo pensato», prosegue il 52enne, autista delle spazzatrici di Esacom, «di regalare a Lorena un viaggio nelle Filippine il prossimo Natale, per consentirle di riabbracciare i familiari che non vede da 10 anni. Tuttavia, visto il peggioramento in atto, abbiamo annullato la trasferta, chiedendo a qualche suo familiare di trasferirsi per alcuni mesi in Italia, allo scopo di assisterla. Il fratello Jerome ha subito dato la sua disponibilità».

Quindi, Stella e la moglie, appoggiandosi ad un’agenzia, hanno preparato gli incartamenti da spedire all’ambasciata italiana di Manila, capitale delle Filippine, per il rilascio di un visto turistico di 90 giorni a beneficio di Jerome. Dall’ufficio visti dello stesso ente, però, è arrivata la doccia fredda: il permesso è stato negato, soprattutto in relazione alla durata della permanenza prevista in Italia, giudicata eccessiva dalle autorità. «Mia moglie», puntualizza Stella, «ha presentato una lettera all’ambasciata descrivendo i motivi della visita del fratello, allegando la documentazione dell’Inps ed i certificati di medici specialisti riguardanti la sua grave malattia».

«Tuttavia», prosegue il 52enne, «il rifiuto dell’ambasciata è stato categorico. Soltanto dopo le mie prime rimostranze, mi è giunta una mail dall’ufficio visti in cui ci invitano a ripresentare la pratica allegando ulteriori documenti. Per noi, però, è impossibile assecondare tale richiesta, che comporta un consistente esborso di denaro, oltre a quello già speso per la prima pratica». «Eppure», rivela l’autista, «nel 2015 era giunta in Italia la zia di Lorena sempre per assistere la nipote in vista di un intervento chirurgico alla spina dorsale. Allora avevamo seguito le stesse modalità di oggi e non si era verificato alcun intoppo. Addirittura la zia, anziché restare tre mesi si fermò per cinque, dal momento che Lorena non migliorava. Poi, la zia di mia moglie è rientrata nelle Filippine».

Luca Stella, oltre ad inviare un’email di protesta all’ambasciata italiana, ne ha indirizzata una anche al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, così come, nei prossimi giorni, attraverso internet, contatterà la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Francia). A livello locale, il 52enne si rivolgerà invece al Tribunale dei diritti del malato di Legnago. Sul mancato rilascio del visto al cognato, Stella conclude: «Ho presentato all’ambasciata perfino una fidejussione bancaria a copertura del periodo di permanenza di Jerome in Italia. Hanno forse paura che, una volta arrivato, mio cognato non rientri nelle Filippine? Non si tratta di un migrante economico, visto che al suo Paese ha già un lavoro retribuito, bensì del fratello di una persona gravemente malata». •

Fabio Tomelleri

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