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Truffa del pellet, sgominata banda

Uno dei tre magazzini in cui erano depositati i sacchi di combustibile della truffa L’auto delle Fiamme Gialle davanti alla Compagnia di Legnago
Uno dei tre magazzini in cui erano depositati i sacchi di combustibile della truffa L’auto delle Fiamme Gialle davanti alla Compagnia di Legnago
Uno dei tre magazzini in cui erano depositati i sacchi di combustibile della truffa L’auto delle Fiamme Gialle davanti alla Compagnia di Legnago
Uno dei tre magazzini in cui erano depositati i sacchi di combustibile della truffa L’auto delle Fiamme Gialle davanti alla Compagnia di Legnago

Era un annetto che non si sentiva parlare delle truffe del pellet, ma ecco, passato il lockdown, sono riprese. E alla grande. Tanto è vero che l’ultima, scoperta dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Legnago in questi giorni - le indagini potrebbero ampliarsi - vale il recupero di 300 mila euro di evasione di tasse sul profitto della vendita, truffaldina, di un carico di un milione e 135 mila chili di pellet. LE COORDINATE. Lettonia, Legnago, Verona, Salizzole e Pavullo nel Frignano, provincia di Modena. Questo il percorso che ha fatto la truffa dei pellet dall’ordinazione del materiale alla scoperta dello stoccaggio senza documenti legali e dunque invisibile al fisco. Tutto nasce infatti da una società lettone i cui rappresentanti si sono presentati, prima del lockdown, alla Compagnia delle Fiamme gialle di Legnago denunciando di aver fornito un grosso quantitativo di pellet, del valore di 261 mila euro, ad una società francese del settore - così sembrava a prima vista - che era stata regolarmente rifornita ma che non aveva mai pagato. Sacchi e denaro erano spariti, infatti, nel nulla, insieme alla fantomatica società d’Oltralpe. LA «BANDA». Questa società, infatti, si era volatilizzata perché inesistente ma formata, in realtà, da un gruppo di quattro individui, padre cinquantenne e figlio ventenne del Modenese, e altri due, uno residente a Verona e l’altro a Sommacampagna, una micro-organizzazione criminale con qualcuno dei suoi componenti che non era nuovo a questa scacchiera di ordini e consegne per lucrare poi in nero con la vendita di materiale non pagato. In mezzo, anche un titolare di una Onlus. Questi i primi particolari dell’operazione emersi dai finanzieri i quali hanno iniziato ad indagare a febbraio ma poi si sono dovuti fermare perché la chiusura di tutte le attività aveva ulteriormente mischiato le acque nella ricerca dei quattro truffatori. Ma li aveva anche fermati. IL GIRO DEI SACCHI. Il quartetto però, riaperta la circolazione di uomini e mezzi, era riuscito a trovare il posto dove stoccare i sacchi di pellet arrivati dal Paese sul Baltico. In un primo momento, le Fiamme gialle erano approdate a Villa Bartolomea, zona produttiva, ma lì il materiale non c’era più. Subito dopo, però, hanno scoperto che il pellet era stato stoccato in un capannone di Salizzole e in altri due a Pavullo, luoghi dai quali veniva, naturalmente, agevolmente venduto in nero dai quattro uomini, a prezzi decisamente concorrenziali rispetto a quelli di mercato. LA CHIUSURA DEL CERCHIO. Trovati i sacchi del pellet, del peso di 15 chili ciascuno, e i «grossisti», la Guardia di Finanza, in collaborazione con la Procura di Verona, ha denunciato per truffa aggravata i quattro individui. Recuperati anche 8 mila euro in contanti. Le indagini proseguono. Complessivamente, nel 2019 e nei primi mesi del 2020, la Guardia di finanza di Verona ha segnalato all’autorità giudiziaria 86 soggetti per essersi resi responsabili di varie truffe per oltre 600 mila euro. Ha inoltre proceduto anche al sequestro di circa 22 mila euro in contanti. •

Daniela Andreis

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