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Scomparso dopo il tuffo, ripescato in Adige

Le ricerche I vigili del fuoco hanno rinvenuto  la salma del ventenne Il recupero La salma di Mohamed Baba è affiorata ieri a Terrazzo a distanza di 10 giorni dalla scomparsa DIENNELe operazioni di soccorso
Le ricerche I vigili del fuoco hanno rinvenuto la salma del ventenne Il recupero La salma di Mohamed Baba è affiorata ieri a Terrazzo a distanza di 10 giorni dalla scomparsa DIENNELe operazioni di soccorso
Le ricerche I vigili del fuoco hanno rinvenuto  la salma del ventenne Il recupero La salma di Mohamed Baba è affiorata ieri a Terrazzo a distanza di 10 giorni dalla scomparsa DIENNELe operazioni di soccorso
Le ricerche I vigili del fuoco hanno rinvenuto la salma del ventenne Il recupero La salma di Mohamed Baba è affiorata ieri a Terrazzo a distanza di 10 giorni dalla scomparsa DIENNELe operazioni di soccorso

Il sogno di Mohamed Baba, arrivato in Italia tre mesi fa dal Marocco per inseguire un futuro migliore, si è spezzata drammaticamente in un anfratto dell’Adige, a tremila chilometri da casa. Il cadavere dello sfortunato ventenne, che lo scorso 12 maggio era scomparso dopo essersi tuffato nel fiume a Legnago, è affiorato ieri mattina a poca distanza dal ponte di Terrazzo. A ritrovarlo è stata la squadra nautica del distaccamento dei vigili del fuoco di Legnago, che sabato aveva ripreso le ricerche del giovane magrebino. Erano state interrotte la scorsa settimana dopo aver setacciato in lungo e in largo per quattro giorni le acque e le rive dell’Adige con sommozzatori, unità cinofile, carabinieri e protezione civile. Ma fino a ieri del 20enne non c’era traccia. Tanto che, a 10 giorni da quel bagno notturno durante una serata trascorsa in compagnia di alcuni connazionali proprio sulla sponda destra del fiume, le speranze di ritrovarlo in vita erano ormai vane. I timori dei soccorritori sono stati confermati infatti dalla macabra scoperta avvenuta a circa cinque chilometri a valle dal luogo del tuffo finito in tragedia. Il ritrovamento Erano le 10.30 quando l’attenzione dei pompieri, impegnati a perlustrare la superficie del corso d’acqua all’altezza di Nichesola, è stata catturata da una sagoma incastrata in un groviglio di rami che galleggiava a ridosso della riva. La squadra - supportata nell’intervento dai colleghi di Padova, giunti con un natante munito di ecoscandaglio, dal Nucleo sommozzatori di Vicenza e dall’Unità di comando locale (Ucl) - si è avvicinata e ha purtroppo accertato che si trattava del corpo di un uomo ormai in stato di decomposizione. In pochi minuti si sono precipitati a Terrazzo i carabinieri della stazione e del Nucleo operativo e Radiomobile di Legnago, coordinati sul posto dal luogotenente Mauro Tenani, e il personale del 118 con un’automedica. Il recupero I soccorritori hanno quindi raggiunto la sponda sinistra, passando dalla stradina arginale, e sono riusciti dopo circa un’ora e mezza a portare a riva il cadavere con l’aiuto dei subacquei dei vigili del fuoco. Solo a quel punto si è appurato che quel corpo, trascinato dalla corrente e rimasto incagliato in alcuni spuntoni di alberi che gli hanno impedito di venire trascinato fino al mare, apparteneva ad un giovane. Sono scattati così gli accertamenti e si è riusciti a dare un nome, in base anche alla maglietta e ai pantaloncini che indossava, alla salma restituita dall’Adige in una rovente mattinata di maggio. Si trattava del ventenne marocchino, che quella sera non aveva esitato a tuffarsi in acqua all’altezza del ponte della Ferrovia per un bagno rinfrescante, probabilmente ignorando le insidie del fiume. E malgrado i sei amici che erano con lui, tutti di origine marocchina, avessero cercato di dissuaderlo. La certezza matematica sulla sua identità si avrà solo dopo il riconoscimento da parte dei familiari o, più verosimilmente, del connazionale che lo ospitava in città. Ma gli inquirenti sono ormai certi dell’identità del corpo ripescato a Nichesola, sul quale, stando alla prima ispezione, non sono stati rinvenuti segni riconducibili a morte violenta. Il nulla osta Tutto lascia propendere, perciò, che il decesso del ventenne, che si era tuffato verso le 22 dal ghiaione sottostante il ponte dove aveva fatto bisboccia sin dal pomeriggio con gli amici bevendo birra - sul posto furono rinvenute diverse bottiglie vuote - sia imputabile ad annegamento. Una disgrazia, un crudele destino, insomma, che ha impedito al ragazzo di costruirsi un avvenire nel capoluogo della Bassa dove viveva in una mansarda di via Minghetti, messa a sua disposizione da un connazionale 20enne che era con lui anche la sera della scomparsa. Tanto che il pm di turno, il dottor Alberti Sergi, in base anche ai riscontri medici, ha disposto l’immediata riconsegna del corpo ai familiari. La salma è stata quindi trasferita nell’obitorio dell’ospedale di Legnago. Nel frattempo, agli uomini del capitano Luigi Di Puorto è spettata la difficile quanto dolorosa incombenza di dare la brutta notizia al giovane che lo ospitava e ai familiari di Baba, rimasti tutti in Marocco, attraverso il Consolato e un amico d’infanzia che Mohamed aveva ritrovato a Legnago. E che lo stava aiutando a cercare lavoro. La dura legge dell’Adige, con i suoi vortici e le sue buche profonde anche nove metri, gli è stata però fatale. Infrangendo, in una calda sera di primavera, i progetti di un ragazzo che avrebbe compiuto 21 anni a Ferragosto. E che aveva fatto un lungo viaggio, separandosi dai suoi affetti, per coronare un sogno svanito purtroppo nell’Adige. •.

Stefano Nicoli

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